lunedì 9 agosto 2010

Archetipi di risparmio solo maschile


Nella quiete di un tiepido mattino di un’estate ideale sotto tutti i punti di vista, squilla il mio iPhone: è il mio vecchio amico Barba (al secolo Stefano Barbetta, scrittore ed editore, già noto ai lettori di questo blog) che mi racconta di essere all’outlet di Serravalle, ove è giunto con moglie e parte della prole, la giovane donna a nome Giulia, datasi la situazione che lo scaltro primogenito di sesso maschile a nome Filippo abbia marcato visita.

Ora, voi non lo conoscete da quasi quarant'anni come me, ma io mi figuro il Barba preso nella morsa di due donne: una già in carriera, l’altra in costruzione ma – a suo dire – con già tutte le caratteristiche che ne faranno quella creatura meravigliosa, adorabile, capricciosa e testarda che farà impazzire il mondo maschile. Me lo figuro ampiamente a disagio, pur se – in fondo – abbastanza soddisfatto, anche se non lo ammetterà mai. Il Barba adora le sue donne, ma non è fatto per una cosa del genere: è un uomo nel pieno senso del termine, ragiona da uomo e, quindi, oggi ricopre il ruolo di desperate houseman al servizio della parte femminile della sua famiglia. Tutto ciò sedimenta nella mia anima sensibile e mi porta ad alcune riflessioni che vorrei parteciparvi.

Lasciamo perdere le minchiate di Sophie Kinsella sulla pulsione allo shopping che riguarda soprattutto le donne single; non le consideriamo in questa trattazione non perché non siano interessanti, ma perché il Barba e io siamo sposati, quindi ci interessano le altre donne: le mogli; le madri di famiglia.

La donna come l’intendiamo noi, quella cioè che ha le caratteristiche di essere moglie, o madre di famiglia, o entrambe – e che per semplicità chiameremo proprio “donna” – è attratta come una falena dalle occasioni di risparmio.

Cos’è il risparmio? È un’illusione, un astratto, un non-sequitur. Esiste nella mente della donna, ma non è un valore assoluto. L’uomo lo sa benissimo e tuttavia accetta di assoggettarsi ad esso per la quiete domestica: ecco quindi spiegata la ragione di tutte le giardinette e monovolume incolonnate sulla Milano-Genova al mattino di un giorno feriale. Nessuno regala nulla: questo assioma che vale per ogni vicenda della vita dell’essere umano comune, ha una valenza ancora maggiore se applicato al commercio. I commenti odierni del Barba vanno tutti nella stessa direzione:

“Bello, sì, ma risparmi solo sulle collezioni vecchie…”

“Bello, sì, ma non ci sono le taglie…”

“Elena è dentro da Prada con la bimba; io aspetto fuori…”

Ecco il mondo! direbbe il vecchio Mefistofele a Faust alla ricerca dell’attimo da inquadrare, da poter fermare per dire almeno una volta nella vita: “Arrestati! Sei bello!”, e poi morire, e invece dopo aver strisciato abbondantemente la tua carta di credito tornerai al domicilio con la consapevolezza di non aver fatto gli affari che tua moglie sperava. La quale moglie invece millanterà clamorosamente dicendo: “Niente male, eh? Abbiamo proprio speso bene i nostri soldini” per poi concludere con la frase più tremenda: “Bisogna che ci torniamo con più calma”.

In fondo, il tutto non è diverso dall’Ikea.

Cos’è l’Ikea? È un magazzino di arredamenti di origine svedese, di prezzo relativamente basso e di qualità e gusto discutibili (anche se assai migliorati rispetto al passato).

L’Ikea ti minaccia con i cataloghi che arrivano a domicilio; tu non sai come abbiano il tuo indirizzo, ma loro – analogamente alla vecchia “Selezione” del Reader’s Digest – sanno sempre come raggiungerti.

Tu torni a casa dal lavoro e scopri la metà della tua vita intenta a sfogliare il temutissimo catalogo. Lei è assorta e quasi non risponde al tuo saluto:

“…è arrivato oggi. Sembra interessante”

“Ah…”, rispondi distrattamente.

“Sai – riprende l’altra metà della luna, buttando la considerazione in modo incidentale – Hanno aperto una nuova sede a C. vicino a casa nostra”

“Da non credersi”, rispondi tu dirigendoti verso il frigorifero in cerca del salame da sacrificare al tuo stomaco vuoto, in attesa del contenuto delle pentole che borbottano sul fuoco.

“Potremmo andarci!”, conclude la consorte e, dal momento in cui la frase è detta alla realizzazione dell’evento, il passo è molto più che breve; ed è per questo che ti ritroverai il primo fine settimana utile a girare negli stand in mezzo a circa cinquantamila altre persone. Solo che, a quel punto, si creerà una curiosa dicotomia. Da una parte ci sarai tu che considererai con interesse i mobili laccati, le comode poltrone e, soprattutto, le mitiche librerie componibili ed estensibili ad libitum; dall’altra ci sarà la tua consorte che considererà il tutto con disgusto crescente.

Esempio di dialogo:

“Bella questa libreria! Sembra anche resistente!”

“…”

“E questa poltrona? Parliamone!”

“Certo! Qualunque cosa serva per appoggiarci il tuo grasso culo per te va sempre bene!”.

Non rinuncio e vado avanti; sono decisamente più entusiasta di lei:

“Guarda che bello! Un arredamento completo per uno spazio ristretto. Per una seconda casa andrebbe benissimo”

“Io non sbatto via i miei soldi. E poi non abbiamo una seconda casa”

Veramente abbiamo il buco al mare e glielo faccio notare, ma non mi considera nemmeno. Tocco una cucina di legno, molto carina:

“Guarda! È bella e costa poco!”

“E allora? Non ci serve”

Allargo le braccia sconsolato:

“E allora cosa ci siamo venuti a fare?”

“Certo! Fosse per te, te ne staresti sempre su quel cavolo di computer. Mai che mi accompagni a vedere qualcosa!”

Dopo di che la signora decide che deve acquistare qualcosa per giustificare l’uscita e compra un po’ di candele “carinissime e profumatissime”. Poi, uscendo, dice in modo tranchant:

“Andare in questi posti è solo una grande perdita di tempo. Troppo dispersivi”.

Poi soggiunge:

“Ho visto un sacco di belle cosine. Bisogna che ci torniamo con calma”, e sono soprattutto le ultime due parole a terrorizzarmi, perché non c’è niente di peggio al mondo di una donna determinata a fare le cose con calma.

L’Ikea è fatta per uomini soli. Ma l’Ikea, con il suo carico non sostenibile di risparmio, è un pensiero lontano. Attualmente la preoccupazione maggiore è il mercatino sulla spiaggia, un’altra icona del risparmio. Lei mi guarda con commiserazione:

“Potresti andarci. Ci sono un sacco di short da bagno e tu ne hai bisogno. Col tuo peso, i tuoi li hai sfondati tutti. E poi è un bel risparmio”

Io mi trincero ancora di più nella lettura del mio libro di Simenon, per cui lei sbuffa e si allontana.

La vedo tornare dopo un po’, incazzata nera. Decido di tastare il terreno:

“Allora? Trovato qualcosa?”

Lei mi guarda torva; i suoi occhi mandano scintille:

“Quello stronzo! Mi ha detto che non potevo provare i vestiti con su la crema! Erano tutti bagnati perché le altre zoccole li provavano dopo il bagno!”

“Ah – rispondo – E tu che hai fatto?”

“L’ho mandato a cagare”

“Testualmente?”

Non mi risponde nemmeno e si volta furiosa verso il mare ribollente.

Il risparmio a casa mia è un’ipotesi di lavoro impraticabile


3 commenti:

  1. Caro Piè, credo che il problema vero di questi paradisi delle condizioni irripetibili
    risieda negli impianti di areazione.
    Grazie a qualche misterioso ritrovato chimico, infatti, viene aspersa una sostanza capace di inibire i centri vitali dei poveri astanti facendo loro credere che effettivamente sia impossibile proseguire nelll'esistenza senza possedere i preziosi beni. Anni dopo, finalmente l'arma finale del dottor Goebbels ha visto la luce.

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  2. Caro Barba, io continuo a pensare che l'idea di risparmio maschile sia molto diversa da quella femminile. tu, con la tua scampagnata di ieri, potresti essermene buon testimone se ti convincerai dell'importanza di raccontare al pubblico di "Note senza musica" queste tue impressioni.
    I lettori di questo blog attendono trepidanti la tua testimonianza!

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  3. Una riflessione supplementare: a parte il fatto che trovo singolare che la ricerca "Ikea" effettuata su Google immagini abbia dato come primo risultato la fotografia che vedete in cima all'articolo, non sorprenderà credo nessuno che i miei vicini d'ombrellone sulla spiaggia dei Bagni Lido di Celle Ligure siano stati entusiasti del "tavolino".
    Il che dimostra quanto tutti siano attratti dalla mia prosa fluente e scintillante!

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