giovedì 12 agosto 2010

Vittime


Oggi, a passeggio per Varazze, sono stato fermato da tre signori che mi hanno chiamato:
"Lei è il dottor Bagnoli?"
Ho annuito, incerto: i tre che m'hanno fermato erano sorridenti e cordiali, ma di questi tempi non si può mai sapere il motivo per cui qualcuno ferma un medico. Poi uno dei tre, un uomo ancora giovane con i baffi i cui lineamenti mi dicevano qualcosa, mi ha stretto la mano e mi ha detto:
"Lei ha operato mio cognato, Massimo C. Volevamo ringraziarla ancora per quello che ha fatto per lui"
Massimo! Certo, come dimenticarmelo? Incidente in moto, fegato spaccato, e non solo dal trauma: alcolemia 4.5, con 0.5 ti ritirano la patente. Litigata con anestesista che minacciò la sua partenza (messa in atto, effettivamente, ma con biglietto di ritorno; ma questa è un'altra storia). Una lunga trafila in ospedale, una sfilza d'interventi, la forzata astensione dalla bottiglia e la promessa di tenersene lontano per sempre. Promessa da marinaio, a conti fatti.
Lo rividi la penultima volta in sala operatoria dei chirurghi plastici che dovevano rifinire un risultato non ancora ottimale; ricordo che con l'occasione, a seguito di un sospetto, gli chiesi se aveva ripreso a bere, lui aveva distolto lo sguardo e aveva annuito.
L'ultima volta che lo vidi fu alla fine dell'estate scorsa, e l'alcol aveva vinto: era devastato da un cancro del pancreas e aveva la parola "fine" scritta in faccia. Me lo conferma oggi il cognato:
"E' morto a novembre".
Rimango triste e imbarazzato: me l'aspettavo, ma è sempre triste sentirselo dire.
Lui sorride e ripete:
"Volevamo ringraziarlo per quello che ha fatto per lui". Accanto la moglie e la sorella, quest'ultima la vedova di Massimo, con il bambino ancora piccolo.
Ci salutiamo e ci separiamo; loro si dirigono verso uno dei bagni di Varazze, io proseguo la mia passeggiata con Cristina, Giacomo e il bassotto che strepita contro tutti i cani che incontra.

Massimo.
La cronaca di questi giorni ci porta in casa i racconti di tutti i danni terziari dell'alcol. Quelli cioè non sulla persona che lo assume, ma sui malcapitati che la persona incontra mentre è in preda all'incoscienza dal alcol, che è tale in quel momento ma non nel momento in cui uno beve sapendo che poi si metterà in macchina.
Massimo non fece danni a terzi, quanto meno al momento del trauma (ne fece, eccome, oltre che a se stesso, alla moglie che sopportava silenziosamente e al bambino inconsapevole), ma solo perché era su un motorino che andò ad impastarsi contro a un palo.
Ora non credo che una campagna proibizionista possa improvvisamente moralizzare chi ha deciso di farsi danno: la Storia ci ha insegnato che chi ha voluto fare del proibizionismo una bandiera, ha contribuito solo ad alimentare contrabbando e mercato clandestino. Eppure qualcosa di più si potrebbe fare per evitare quanto meno i danni su terzi, come per esempio i due bimbi gemelli di 10 mesi travolti dal solito pazzo ubriaco fradicio che, se va bene, si prenderà solo un'imputazione per omicidio colposo.
Qualche tempo fa si era parlato di affibbiare l'omicidio volontario a chi ammazza qualcuno essendo alla guida di automezzo con un tasso alcolemico superiore alla media; poi naturalmente i soliti garantisti di merda si sono levati come un solo uomo a tutelare chi fa un danno consapevolmente. Io infatti considero un potenziale assassino consapevole chi si mette al volante dopo aver bevuto: è vero che dopo non è più padrone di se stesso, ma prima di bere lo è eccome, e sa che dopo non lo sarà più.
Oggi ho pensato a Massimo con tristezza e malinconia. Massimo era un ragazzo simpatico, spiritoso, dotato di un ottimo sense of humour che lo portava a scherzare su se stesso, ma che non si è mai liberato di quell'orribile dipendenza da una sostanza psicotropa la cui vendita è legale e che - sono costretto a convenirne con Umberto Veronesi - fa più danni di quella cannabis il cui consumo è invece proibito. E' probabile che per me - quasi astemio (se eccettuiamo uno sporadico bicchierino di grappa o di single malt, che mi gusto con piacere proprio perché occasionale) - sia un discorso anche troppo facile da fare, ma sono davvero stufo di ascoltare queste storie di vittime inutili che non avranno redenzione.
Da una parte e dall'altra

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