domenica 29 maggio 2011

Après le diluge

Questa tornata elettorale amministrativa sancisce di fatto la fine politica di Silvio Berlusconi.

Potrà forse resistere qualche mese, potrà dare qualche colpo di coda, ma è ufficialmente finito: ha sparato malamente le ultime cartucce, l'ha fatto in modo inconsulto facendosi ridere dietro non solo dai suoi avversari, ma anche dal mondo intero.

Oggi le prenderà, di sicuro: non so ancora in che misura, ma le prenderà. E nonostante l'inconsistenza di un candidato come Letizia Moratti, che pure i milanesi saranno ben contenti di rispedire presso l'ingombrante famiglia di provenienza (e che lei ha gratificato di onoranze ingiustificate come l'Ambrogino d'oro regalato al cognato), chi perde veramente, alla fine, è proprio lui. 
Lui ha messo la sua faccia dappertutto, in tutte le liste, in tutti i comizi, persino davanti a quelle stesse dei suoi candidati che, a scanso di equivoci, lui stesso ha definito "deboli" (ma chi li ha scelti?...); quindi sarà lui a prenderle sul muso.
Ben gli sta, sia ben chiaro.
E comunque, va bene così: la base della democrazia sta in una corretta alternanza.

Quindi, fine del cinema e Berlusca a casa; e stavolta non si rialzerà, vuoi per limiti anagrafici, vuoi perché ormai abbandonato da tutti quelli che, uno dopo l'altro, lo hanno ritenuto impresentabile e ingestibile.
Il problema è il dopo: cosa succederà?
E' dal 1994 che stiamo vivendo una situazione di bipolarismo, ma non fra Destra e Sinistra, bensì fra berluscones e antiberluscones.
E' dal 1994 che la Sinistra ha abbandonato il suo ruolo istituzionale, culturale, filosofico e storico per diventare una specie di circolo ricreativo semiserio il cui obbiettivo è parlare di e contro Berlusconi. Hanno perso per strada tutto: il socialismo più o meno umanitario, l'attivismo, la tutela almeno nominale delle classi più deboli, la presenza all'interno delle fabbriche (in ciò validamente sostituiti dalla Lega), la dialettica. Sicuri come erano, dopo Tangentopoli, di poter conquistare il potere senza colpo ferire, si sono visti spiazzati dall'omuncolo brianzolo con i danè che ha fregato loro la fagianella sotto il naso. Immagino per uno come D'Alema, che si è sempre creduto il più intelligente del creato, come deve essere stato frustrante - lui, uomo di establishement, cresciuto alla scuola del partito - essere turlupinato da un parvenu, da un industriale brianzolo che fa televisione.
Adesso finisce tutto.
Ma attenzione: finiscono anche gli alibi di questa squallida, patetica, miserabile Sinistra, cialtrona e stracciona, con la puzza sotto il naso, snob e classista, che deve sostanzialmente a se stessa il fatto di aver lasciato in sella per tutti questi anni l'omuncolo brianzolo. 
Saranno questi i politici della ricostruzione? 

Io è da un po' che propongo un'alternativa provocatoria ma, in fondo, nemmeno tanto: prendiamoci i politici all'estero. 
Abbiamo importato calciatori, tecnici, esperti di ogni genere: perché non politici?
Perché non chiedere alla Svezia - per fare un esempio di una nazione civile, guidata da un sano socialismo - un lotto di politici cui affidare le redini del nostro Paese? Un manipolo di gente esperta, tosta, con fama provata; e che, soprattutto, tenga alla larga dai palazzi dei comandi gli attuali politici.
Gente che si tenga alla larga da corruzione, interessi personali, ladrocinio e malversazioni.
Gente onesta, che impieghi il denaro pubblico per opere pubbliche, per servizi che funzionino, per la lotta alla disoccupazione.
Gente che, soprattutto, si scelga e cresca un gruppo di personaggi nostrani che imparino nuove regole del gioco e che le applichi svincolandosi, finalmente, dalle logiche clientelari o di partito.
Lo so, è un'elucubrazione.
Comunque, il gioco della difesa a zona ce lo insegnò Niels Liedholm.
Uno svedese, guarda caso

mercoledì 18 maggio 2011

Io, valletto


Quella che vedete sopra è una delle postazioni di uso comune del posto dove lavoro. Intendiamoci: ognuno di noi più vecchietti ha la propria postazione personale ma esistono anche questi angoli che permettono di fare cose veloci e indispensabili: per esempio, un documento di dimissioni.
Notate l'estrema razionalità del tutto: al centro (A) il terminale, fulcro del lavoro; alla vostra sinistra (B) una comoda stampante che - come dice il nome - permette di stampare quello che avete scritto; e, alla vostra destra, una pratica scatola di cartone (C) che contiene la carta per la stampante. Comodo, no? Minimalista, forse, ma assolutamente pratico: c'è tutto quello che vi serve.
Ora, mettete caso che scriviate un documento con A e lo mandiate in stampa, ma B non fa il suo lavoro: verificato che B è acceso grazie al led luminoso, quale potrebbe essere la causa più probabile dello sgradevole inconveniente?
Cosa avete detto? La mancanza della carta?
Tombola!
Basta aprire il comodo sportello sotto B e verificare che - effettivamente - manca la carta.
Quindi la prelevate dalla risma C che - come vedete - è assolutamente a vostra portata di mano, ed è una manovra che non costa nessuna fatica, lo posso confermare avendolo fatto io stesso che non sono proprio uno ipercinetico; passate solo un istante davanti allo schermo A e posizionate il blocchetto di fogli nel cassetto della stampante B; chiudete il cassetto; sentite rullare il trascinatore della stampante e - oh meraviglia! - esce fuori la stampa. 
Sì. 
Del lavoro di chi vi ha preceduto.

Ieri, durante 24 Mattina, Alessandro Milan ci ha raccontato che il Principe Carlo di Inghilterra dispone - fra l'altro - di un valletto preposto alla sola funzione di allacciargli le scarpe e un altro deputato a schiacciargli il tubetto di dentifricio.
Qualcuno dei miei colleghi deve essere di lombi molto più nobili di quello che io sospettassi, oppure si è montato la testa

sabato 14 maggio 2011

Elephant man


Stamattina palestra, dopo due mesi che non ci andavo più. 

Al mio arrivo nella sala attrezzi sono stato accolto dal mio trainer russo che, dopo aver considerato con supremo disgusto il mio aspetto grasso, flaccido e cadente, ha fatto un sorrisino, dicendo con lo stesso accento con cui Ivan Drago minacciava il buon Balboa in Rocky IV:
"Chi si vede..."
Io ho bofonchiato sottovoce una palla qualunque tipo "Tanto lavoro" prima di dirigermi alla prima cyclette e iniziare la bollitura muscolare che mi porterà, prima o poi, a scolpire meravigliosamente la tartaruga presentemente nascosta dall'adipe.
Un'oretta di lavoro con iPod piantato nelle orecchie, un'occhiata distratta alla fanciulla con coda di cavallo e grosse poppe in movimento accanto a me, una rapida passata sulla bilancia e due conti per sottrarre mentalmente il peso dei vestiti che ho addosso.
E poi, la doccia collettiva maschile, momento temuto per i tragici paragoni con l'altrui virilità. E qui non è questione di voyeurismo: l'ambiente è promiscuo e, tutto quello che deve sporgere, sporge. 
Solitamente sono circondato da carnee imitazioni di lampioni, sequoie e ciminiere del Titanic, esibite con finta nonchalance: mancano solo i barriti, poi sembrerebbe di trovarsi in Africa, di fronte a elefantini con le regolari proboscidi agitate in segno di gaio saluto. 
Ma oggi - oh meraviglia! - la doccia è per me una personalissima passerella trionfale davanti agli occhi invidiosi dei superpalestrati con ipertrofia di tutti i muscoli guizzanti. Tranne uno. Quello che invece, per una volta, per un giorno, per una mattina, per un'ora o forse solo qualche minuto mi vede sorridente egemone.
Fra un'ora magari arriveranno tutti insieme Rocco Tano in arte Siffredi, Roberto Malone née Pipino, Gabriel Pontello e Ron Jeremy, ma adesso ci sono solo io e il mio scettro, che non agito solo per un sussulto di rispetto nei confronti della plebe miserabile.
Li considero con sorridente disprezzo.
Palestratevi pure, ragazzi.
Riempitevi di preparati energetici e maceratevi di sudore sollevando manubri di peso disumano.
Gonfiatevi i bicipiti di fronte alle scoperte epidermidi delle fanciulle che affollano la sala pesi.
Lustratevi i tri- e quadricipiti e fate guizzare tutti i tatuaggi che popolano la vostra epidermide.

Esco trionfante dalla doccia coprendomi: ho già vinto, non voglio stravincere. 
Au revoir, les enfants: oggi non ce n'è per nessuno


domenica 8 maggio 2011

Ordinaria amministrazione


Vi aspettate la festa, la gioia sfrenata, il nunc est bibendum?
Be', spiacente di deludervi.
Nessun trionfalismo, nessun urlo disumano, nessuna scena isterica. Quelle le lasciamo a chi non è abituato a vincere e, quelle poche volte che gli capita (naturalmente senza nessun avversario degno di tal nome), sente il bisogno di esternare a tutti la propria esistenza, il proprio hegeliano da-sein ("esserci").

Noi invece ci siamo da sempre. E' una costante della nostra essenza: la consapevolezza della nostra forza, della nostra superiorità.
Non sono momenti di false modestie: siamo dalle parti dell'Università del calcio, quella in cui stanno squadre come il Barcellona e il Manchester United e non, invece, il Real Madrid degli arricchiti e dei bifolchi, capaci solo di lamentarsi dei nemici e degli arbitri.
In Italia, tradizionalmente, la lotta per lo scudetto è sempre stata fra la decaduta Juventus - che purtroppo non è più riuscita a risollevarsi da quella Calciopoli creata da Moratti per portare a casa qualche cosa - e il Milan, la prima squadra italiana a creare una leggenda oltre i confini della Patria. Negli ultimi anni, invece, le squallide delazioni della banda degli "onesti" hanno ottenuto lo scopo di creare uno sdoppiamento del campionato: da una parte l'Inter che aveva tutti i giocatori presi agli altri, dall'altra tutte le rimanenti squadre che non erano riuscite a risollevarsi dalla baraonda mediatica sollevata dal tristo e livoroso figuro proprietario della seconda squadra di Milano. 
Foto 2: Barack Obama e il suo staff seguono Roma-Milan
Ne è risultato il più grigio quadriennio della storia del calcio, che ha permesso agli "onesti" di portarsi a casa quattro scudetti largamente meritati anche perché se la giocavano da soli, e una coppa dei campioni, vinta con merito ma con la sensazione, vissuta da tutto il mondo sportivo, di irrealtà: nessuno si aspettava che quella squadra di Milano, quella dei bauscia (in vernacolo milanese significa fanfaroni buoni a nulla: è il tradizionale soprannome degli interisti) potesse arrivare sul tetto d'Europa.
Che nostalgia, invece, per gli anni della normalità, quelli in cui tutti ci sentivamo al nostro posto! E non è questione di tifo, ma di giusti equilibri: noi davanti, gli altri dietro, e tutto era al suo posto come la colonna sonora di Happy Days. Si andava tutti d'accordo: il mese di Agosto era quello delle certezze nerazzurre, poi da Settembre si doveva solo pensare a come consolare l'amico interista.
Adesso tutto torna al suo posto: e - si badi - non è stato necessario scomodare gli Invincibili di Arrigo Sacchi, Van Basten, Gullit e Baresi; è bastata una squadra normale, senza particolari voli pindarici, per riportare la normalità e segnalare a tutti che l'intervallo è finito.
Normalità nei rapporti umani: un allenatore giovane e vincente, spregiudicato nella tattica e aggressivo negli schemi ma, nonostante ciò, garbato nell'eloquio e spiritoso nei rapporti con il prossimo: esattamente il contrario del bifolco che vedete nella foto 4.
Normalità nelle destinazioni: Ibrahimovic ritrova la squadra per cui aveva sempre voluto giocare, mentre Leonardo (foto 3) - allenatore poco portato per i derby - finisce nel team dove valorizzano tutti gli incapaci.
Normalità, infine, nei ruoli: e in ciò, c'è qualcosa di quasi cabalistico, di predestinato

Milano ritrova il suo equilibrio: noi davanti e i Perdenti dietro, come è sempre stato, come deve essere, come sarà sempre
Foto 3: Leonardo che pensa ancora di agganciare il Milan
Foto 4: Un perdente troglodita in una delle sue espressioni più tipiche

venerdì 6 maggio 2011

Come una fiala di Naloxone

Il mio amico EsseGì, tenutario di quel blog di cui consiglio sempre la lettura perché - pur distante dalle mie idee - è ben scritto, arguto e ricco di spunti di riflessione, se n'è uscito nei giorni scorsi con alcune considerazioni su una frase di Bossi a proposito dell'uccisione di Osama Bin Laden. La frase dell'Umberto sarebbe: "Meno male che lo hanno preso, Bin Laden era un pericolo per tutto l'Occidente e ci ha fatto spendere un sacco di soldi".
Io la trovo deliziosa nella sua icasticità: c'è il meglio (o il peggio, a seconda dei punti di vista) di un personaggio che è il politico più astuto degli ultimi anni, e che ha saputo spiazzare la sinistra dal cuore dei suoi elettori più classici, non diversamente da quanto il Narcan faceva dai recettori degli oppiacei nelle vene dei vecchi tossici, gli eroinomani di una volta, quelli che non ci sono più.
Ecco perché la Sinistra - che pure lo ha generato - non lo ha mai amato. Di fatto, non lo ama nemmeno EsseGì, che lo accusa di essere gretto - e, come lui, tutti quelli che lo hanno messo lì - e che sostiene che il suo pizzaiolo potrebbe fare ragionamenti meno scontati.
Ah, la gauche
Ho aspettato qualche giorno, poi non ce l'ho fatta e ho scritto una risposta sul blog di EsseGì, introdotta da una frase di Luca Ricolfi ("Perché siamo antipatici? La Sinistra e il complesso dei migliori", Longanesi 2005)


La sinistra perde non soltanto perché è arrogante, presuntuosa e insincera. Perde anche perché non capisce la società italiana, non è in grado di guardare il mondo senza filtri ideologici, non sa stare fra la gente, ha perso del tutto la capacità di ascoltare e la voglia di intendere.

Dopo di che gli ho posto le seguenti domande: 

1 - perché l'Umberto - animale politico poco elegante ma di rara efficacia - parla così? E' perché conosce i suoi polli e sa come parlar loro
2 - chi sono i polli dell'Umberto? Sono i vostri ex-polli, ragazzi: quelli che avete scelto di perdere per strada e di lasciare in mani leghiste. La Lega vi ha sostituiti nella "base", quella vicina alla gente e che ne raccoglieva istanze, idee, proteste e proposte. La Lega è il partito di massa che voi eravate una volta e che adesso non siete più
3 - come pensate di recuperare quegli elettori? Dandogli dei cretini perché ascoltano le tamarrate di Bossi? Be', potrebbe essere un'idea ma non credo che possa funzionare
4 - pensate che Bossi sia proprio completamente cretino a ricordarsi dei danè? Pensate che la gente de la gauche non faccia i conti da metà mese in avanti per vedere se ce la fa ad arrivare al 27 e preferisca vivere di idee forbite e politicamente corrette? Ragazzi, ma in che mondo vivete? Una volta eravate voi a raccogliere la gente intorno a questi concetti di base! C'era bisogno di lasciarli a Bossi?
5 - scusa, EsseGì, detto con l'affetto di un vecchio amico che non vota più per un cazzo di nessuno da quasi 4 anni e che quindi si sente allegramente fuori dai giochi: ma da quando ti sei convinto che la politica si faccia con l'eleganza e i modi forbiti? E' questo il mondo in cui viviamo? Ok: tu - come me - hai fatto il classico e l'università. Ma il Cipputi che tu e la sinistra avete abbandonato al suo destino, pensi che guardi più all'eleganza formale o sia più propenso a dar retta a uno che la butta sul sodo, per esempio sui danè?
Sai, no, come dicevano le vecchie maitresses nei casini ai giovanotti che facevano i romanticoni con le bagasce, sprecando il tempo della marchetta?... "Uhèi, bagaj, fa no flanella! Foeura l'usèl! ". 
Mentre voi pensate al romanticismo della politica, l'Umberto si tira giù la patta.
Mentre D'Alema pensa ancora a quello che ha imparato alle Frattocchie ed è convinto che gli elettori facciano quello che dice il partito (scusa la minuscola, mi è scappata), la gente pugliese rifila un calcio in culo al suo candidato e vota Vendola. 
Perché non tornate a fare la politica ascoltando la gente? E, soprattutto, parlando il suo linguaggio?
Oggi la gente pensa ai danè. Sarà perché ce ne sono pochi? Non lo so, ma qualcuno se n'è accorto



Per inciso: quando c'erano le overdose di eroina, i tossici arrivavano in PS sempre in due: uno era in coma, l'altro quasi. Quello più sveglio dei due diceva sempre con voce impastata dell'altro in coma che stavi prendendo in consegna: "E' allergico al Narcan". Questo perché il naloxone - il Narcan, appunto - salvava la vita al malcapitato spiazzando l'ero dai recettori e provocando purtroppo, contemporaneamente, una crisi di astinenza.
I soldi di una dose buttata via.
Non c'è da meravigliarsi che, svegliandosi, anziché ringraziarti per aver salvata loro la vita, ti mandassero a fare in culo