Il sabato il “Corriere della sera” propone in vendita obbligata col quotidiano la rivista “Io donna”: ebdomadario dalle pagine patinate, dai contenuti glamour e vagamente gossip piuttosto raffinati destinati – come suggerisce il nome – ad un pubblico femminile. La prima pagina del numero che ho avuto fra le mani esibisce nientemeno che Monica Bellucci.
La Diva, col musetto atteggiato a broncio sensuale, si concede al pubblico in estasi raccontando della sua seconda recente maternità (a 45 anni!) dicendo all’intervistatore: “L’ho voluto fare, e l’ho fatto”. Così, semplicemente.
Proseguendo nella lettura dell’intervista apprendo anche quanto segue:
- oltre alla pargola recentemente partorita – immagino senza scompigliare nemmeno la coiffure della mamma – e cui è stato imposto nome Leonie (in onore dell’attrice Arletty, mica cotica), esiste un’altra bimba di nome Deva, di 6 anni di età ma naturalmente già molto brava e responsabile
- il marito della Diva, il regista francese Vincent Cassel, è un mammo perfetto che si alterna con lei nella gestione della prole; nell’articolo non è specificato, ma non escluderei che lui stesso provveda all’allattamento naturale della neonata
- tutte possono avere un bambino a 45 anni, basta volerlo: è stato così anche per Isabelle Huppert, altro esempio di comune attrice cui tutte le donne possono tranquillamente ispirarsi
- il sesso, ormai liberato dall’ansia di procreazione (sic!), può essere vissuto senza più patemi. Nessuno ha fatto notare alla Diva che, per la maggior parte delle donne di 45 anni, si dà proprio il problema contrario, e cioè l’ansia da rischio di procreazione, costringendo a cercare l’anticoncezionale che non ingrassi, che non gonfi le gambe e che non alzi la pressione
Adesso non vorrei passare per uno squallido e manicheo moralista: adoro Monica Bellucci, per me una delle poche, pochissime icone della carnalità allo stato puro. L’avevo amata alla follia sin dalla sua performance in un film di poche pretese come “I mitici – Colpo gobbo a Milano” in cui vestiva i panni della pupa di una banda di squinternati: ricordo ancora la mano di Claudio Amendola (o forse Ricky Memphis?) appoggiata sul suo meraviglioso, poeticissimo fondoschiena fasciato da un paio di jeans attillati mentre lei si gira urlando con greve accento umbro: “Che me stai a scippà ‘r culo?”: deliziosa. Ma forse la performance più straordinaria era quella di un film di cui non ricordo il titolo, in cui lei è una mignotta di cui s’innamora un omarino sfigatissimo e cui lei si concede per compassione sulle note de “Madre pietosa Vergine” della verdiana Forza del destino; in questo film per me splendido c’è una scena in cui lei sta male, l’omarino chiama il dottore che arriva, la fa spogliare e muore d’infarto al cospetto di lei nuda.
Ecco: questa è Monica Bellucci: una vamp, una Diva, la moglie di un regista francese, la madre di due bambine che si chiamano Deva e Leonie (mica Martina e Giuseppina, pardon: Josephine!) che vengono allattate dal padre, una che scopa serenamente perché non ha più l’ansia di procreare.
Siamo onesti: è un modello di femminilità praticabile per una lettrice di “Io donna”? Non so, una qualunque sua coetanea che magari, pur non ancora completamente disfatta dal peso di tre o quattro figli con cui ha esaurito già da un bel po’ di anni la sua ansia procreativa, deve fare la guerra quotidiana con: lavoro indispensabile per arrivare a fine mese, e non quindi superfluo gadget di un’esistenza gaia e spensierata, specie se consideriamo che non stiamo parlando di Eleonora Duse o Sarah Bernhardt; marito che sta fuori tutto il giorno e che magari, con un valore aggiunto di fancazzismo domestico, la sera di tutto ha voglia fuorché star dietro ai figli; suoceri oppressivi; impegni scolastici-sportivo-socio-culturali dei figli; un’oretta di tempo ogni 2-3 giorni da ritagliarsi per andare in palestra e cercare di sembrare non dico come la Bellucci, ma almeno diversa dalla lavatrice dell’angolo est della cucina.
Adesso, per carità: nessuno si aspetta che una Diva si comporti come una donna normale. Farebbe ridere. Monica Bellucci, strafiga se mai se n’è vista una, che vive recitando probabilmente anche in mentre partorisce figlie dai nomi strani o mentre si prepara (ammesso e non concesso) un uovo al tegamino, non può non tirarsela da qui all’infinito: essere Diva per lei non è più un atteggiamento, è ormai uno status, una forma mentis: quanto lontano, quindi, da quella Deborah che nel già citato film di Vanzina ciacolava ancora in dialetto perugino!
Viene il sospetto che, in realtà, il settimanale “Io donna” sia diretto ad un lettore maschile che, cercandovi i canoni della Femminilità Assoluta, si ispiri alla Bellucci per fare in modo che la propria compagna di vita possa diventare, quanto meno nel proprio pensiero, anche dopo tanti anni passati insieme, qualcosa del genere: perché in ogni donna meravigliosa madre, splendida amante che – dopo tanti anni di convivenza – conosce tutti i trucchi per portarci ancora fuori di testa, grande pianificatrice delle nostre energie dissipate, profondamente ricca di comprensione per le nostre debolezze, c’è una Diva sdraiata languidamente che aspetta solo di essere risvegliata dal nostro desiderio.
E pazienza se è su un divano Ikea e non una chaise-longue Le Courboisier.
Dedicato a tutte le donne che sono Dive senza rendersene conto:
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