lunedì 25 maggio 2009

Il partito fondato da Gramsci

Il 21 Gennaio 1921, al Congresso di Livorno del Partito Socialista Italiano, si costituiva il Partito Comunista sotto la guida di Antonio Gramsci e Amadeo Bordiga.
Il Partito Comunista d'Italia si poneva come obiettivo l'abbattere lo Stato borghese, abolire il capitalismo e realizzare il comunismo tramite la Rivoluzione e la dittatura del proletariato, seguendo così l'esempio dei comunisti russi di Lenin. Guidato nei suoi primi anni di vita da una maggioritaria corrente di sinistra raccolta attorno a Bordiga, il III Congresso, svoltosi clandestinamente a Lione nel gennaio del 1926, segnò un deciso cambiamento di politica suggellato con l'approvazione delle Tesi di Gramsci e la messa in minoranza della Sinistra di Bordiga, accusata di settarismo. Nel 1930 la corrente di sinistra fu definitivamente espulsa dal Partito con l'accusa di "trotzkismo".

Tutto ciò - conveniamone - fa molto "sinistra".
Si può non amare questo tipo di etichetta - io, di fatto, non la amo - ma non le si può negare una patente di storicità che ha giocato un ruolo importante nella storia d'Italia.
Ora, gli eredi di questa tradizione importante e di Sinistra, sono guidati da un ex-democristiano che non esprime nessun pensiero su lotte di classe e dittatura del proletariato (e ci mancherebbe), ma che ha pensato bene di dirottare il pensiero politico del partito che guida su altre forme, quelle - cioè - rappresentate nella foto che correda il presente articolo.
I pregevoli glutei di Noemi Letizia, che avrebbero attirato lo sguardo rapace (e, secondo i maliziosi, anche qualcos'altro) del Premier, diventano quindi la quintessenza del pensiero della Sinistra di oggi, erede della grande tradizione del Partito Comunista Italiano fondato - lo ricordiamo - nel 1921 da Antonio Gramsci.
La lotta di classe si avvita sul perizoma di Noemi, generando un'interessante interrogazione parlamentare: il Premier - magari farmacologicamente assistito - ha avuto accesso alle grazie nascoste in quel francobollo di tessuto?
Non se lo chiede solo Veronica Lario, ma anche Franceschini che, erettosi (hony soit qui mal y pense) a paladino della moralità politica italiana, getta il guanto di sfida dialettica su questioni che possono radicalmente cambiare la sorte degli Italiani.
Roba forte, insomma: ed era ora che il pensiero dell'opposizione uscisse dall'antiberlusconismo come unico valore esprimibile, per raggiungere contenuti sempre più profondi e degni di essere discussi. Nel più puro stile degli antenati che, nel 1921, fecero l'impresa.
Come diceva De Gregori? "La Storia siamo noi"

domenica 24 maggio 2009

Ignominia


Ogni tanto bisogna pur parlare di argomenti più leggeri.
Oggi mi viene fatto di parlare della mia squadra del cuore, il Milan, che sta terminando con disonore un campionato che non l'ha mai visto protagonista; il che, dal mio punto di vista, è il peggio del peggio per una squadra che, nel ventennio scorso, non è mai stata mediocre come è successo nelle ultime, tristi stagioni.
Siamo d'accordo, non sarebbe potuto essere altrimenti con una squadra formata di ex grandi calciatori spacciati per campioni in cerca di riscatto dall'Amministratore Delegato Adriano Galliani che, evidentemente, ci ha presi tutti per idioti. E tuttavia, qualcosa di più si sarebbe dovuto fare per salutare quel grande campione che è stato Maldini, che ha mosso i primi passi con il Barone Liedholm all'età di 17 anni, e che è stato a lungo il più forte esterno sinistro del mondo. Invece no: il solito cesso di partita, mal giocata contro una delle squadre più deludenti di tutto il campionato che, non a caso, ha trovato a Milano una delle sue pochissime giornate di gloria.

Lo sappiamo: Berlusconi, dall'alto del suo scranno, non può né vuole spendere soldi per la sua squadra. Si può capire, ma allora i casi sono due:
  1. o vende a qualche magnate estero che i soldi ce li abbia e li voglia pure spendere
  2. o trasferisce in prima squadra un po' di giovanotti della Primavera che abbiano voglia di sputare i polmoni correndo su e giù per quel campo di gioco che viene profanato da questi quattro ronzini squinternati che disonorano la maglia di quella che - nemmeno tanto tempo fa - fu la Squadra Più Forte del Mondo
Quello che non vogliamo più, per piacere, è l'ingaggio di vecchi cavalli bolsi che vengono a sgambettare a Milanello in cerca di soldi - anche quei pochi che gli molla il Milan - e pubblicità gratuita. Di questi cessi ne abbiamo definitivamente piene le palle.
Quello che non vogliamo più, per piacere, è vedere Presidente ed Amministratore Delegato che prima annunciano l'interesse per dubbi campioni che costano troppo, e poi fanno il giro dei clubs europei chiedendo in prestito le loro scartine.
Quello che non vogliamo più, per piacere, è vedere Presidente ed Amministratore Delegato che consegnano la Milano calcistica a quei tristi figuri vestiti di lugubri strisce nere e azzurre e che essi, colti da strano empito di sportività, chiamano cugini.
Io non ho cugini

lunedì 11 maggio 2009

Tripoli bel suol d'amore


In questi giorni fa molto scalpore il fatto che il governo italiano abbia adottato una linea piuttosto severa con gli immigrati clandestini, che vengono riaccompagnati alle postazioni di partenza in Libia.
Siccome a questi livelli le cose non succedono per caso o per alzate di testa dei singoli, si dà il caso che questa iniziativa venga dopo gli accordi fra Italia e Libia in materia di immigrazione (è noto che le cosiddette carrette del mare partano tutte da Tripoli e zone limitrofe) e seguendo le normative della Comunità Europea.
La cosa non poteva passare inosservata, tanto più in campagna elettorale. I membri dell'opposizione, in testa il capocomico Franceschini, che la buttano subito su quel socialismo umanitario che, dai tempi di De Amicis, è l'unico valore che non sia l'antiberlusconismo ad essere espresso dalla Sinistra, si sono collettivamente stracciati le vesti, questa volta peraltro in compagniadi Casini e dei Vescovi.

Lascerei perdere le considerazioni folkloristiche di stampo leghista su "L'Italia agli italiani": non mi interessano. E trovo che anche le opinioni personali di Berlusconi sulla società multietnica siano meramente propagandistiche, quindi per me non interessanti. Non diversamente dall'Onorevole Casini, credo anch'io che la società multietnica sia un bene prezioso, oltre che un portato inevitabile della nostra epoca. Dobbiamo agli extracomunitari che si sono integrati onestamente un miglioramento di noi stessi, oltre che dell'indotto dell'Azienda Italia. Ma questo non deve farci dimenticare un paio di aspetti che proverò a riassumere:
  1. c'è un'industria criminale che si arricchisce con il traffico di esseri umani per l'Italia. Gli scafisti sono solo i terminali crudeli di questa organizzazione che, sinora, ha potuto prosperare con la connivenza del governo di Gheddafi che ci si arricchisce e che li ha sempre spediti qui perché l'Italia è vicina e, almeno sino a questo momento, si è prestata a questo gioco al massacro
  2. riportarli a casa non vuol dire cannoneggiarli, annegarli o - come fa regolarmente Malta - fottersene se stanno annegando. Li si soccorre, ma poi li si rispedisce al mittente. Può essere doloroso per chi ha investito tutti i propri risparmi in quest'impresa, ma è l'unico sistema per scoraggiare gli aspiranti ad alimentare questa schifosa industria criminale. Rispedisci oggi, rispedisci domani, prima o poi si stancheranno di seguire questa strada illegale, si terranno i loro risparmi e punteranno a soluzioni legali, le uniche accettabili
Era tempo di metterci mano.

mercoledì 6 maggio 2009

Marcelletti


Chiedo scusa al pubblico dei miei lettori se non mi occupo né dei problemi sentimentali del Presidente del consiglio, né delle farneticazioni deliranti del guitto da avanspettacolo che capeggia l'opposizione. Oggi è successo un fatto più importante: è morto Carlo Marcelletti, cardiochirurgo moralmente discutibile e discusso, che ha sempre fatto di tutto per far parlare abbondantemente di sé.
Tecnicamente invece è sempre stato indiscutibile: si è formato nelle Cattedrali della chirurgia mondiale, come la Mayo Clinic e la Stanford University; dal 1982 al 1995 è stato "il" cardiochirurgo del Bambin Gesù di Roma. E' stato il primo ad eseguire un trapianto cardiaco su un bambino in Italia. Sarà stato il fatto di operare il cuore, sarà che i pazienti erano bambini, ma nell'immaginario collettivo Marcelletti era un eroe, l'uomo degli interventi impossibili, sempre magnificati da quella corte televisiva cui era legato a doppia ritorta.
Nel 2000, il colpo di mano mediatico: il tentativo di separare due gemelline siamesi filippine di pochi mesi, Marta e Milagro, unite per il fegato, il torace e svariati visceri, col presupposto di sacrificarne una, la più piccola. L'operazione chirurgica si svolse sotto l'occhio televisivo, con i giornalisti schierati fuori dall'ospedale palermitano come davanti al pozzo di Vermicino. Fu un massacro: morirono tutt'e due le bambine, portando con sé l'astro del cardiochirurgo che, da quel momento, cominciò a declinare. Nel 2008 le accuse di truffa aggravata, peculato, concussione; ci fu persino spazio per una specie di romanzetto pedopornografico assolutamente incredibile per un uomo come lui che ha dedicato la sua vita a salvare quella dei bambini. Oggi è calato il sipario su un'esistenza vissuta sotto l'occhio dei riflettori.

Da medico mi corre fatto di fare qualche piccola considerazione.
Parlando di Marcelletti, è inevitabile fare riferimento a decine di migliaia di bambini visitati e operati, come se fosse un one man show, in momenti come questi in cui la medicina deve riprendere ad essere un lavoro di squadra, abbandonando una volta per tutte quelle baronie che da sempre infestano soprattutto il lavoro chirurgico.
Ciò che il medico dovrebbe fuggire siccome la peste è proprio il fulgore mediatico che, invece, attira molti di quelli che fanno il mio mestiere.
Il fatto di avere la vita fra le mani, a maggior ragione quella dei bambini, dovrebbe indurre ad una maggior prudenza, anche perché la gente è avida di notizie su eroi che salvano la vita. Nessuno si accontenta più dell'idea della cura; ciò che interessa è la guarigione, meglio se spettacolare, possibilmente con intervento di robot, laser e altri strumenti provenienti direttamente dai manga di cui ci nutrivamo da ragazzini.
Ricordo ancora la rabbia che mi pervase nel 2000 quando questo chirurgo di eccezionale bravura tecnica pensò di ripercorrere il mito del Dr. Frankenstein: l'idea di poter scomporre dei corpi corrotti e martoriati per poter creare la vita ed ergersi così ad arbitro di un destino che appariva tracciato in modo diverso. La mamma disperata, i giornalisti, la gente in fervida attesa collegata in diretta televisiva pressoché continua dalla sala operatoria di un uomo di eccezionale capacità che aveva orchestrato uno show mediatico da far impallidire David Letterman o Oprah Winfrey. E la Natura impose le sue Leggi ferree distruggendo l'ambizione sfrenata di un uomo indomabile, su cui è sceso l'oblio sino all'anno scorso, quando la macchina della Giustizia si è messa in moto.

Marcelletti non è mai stato un uomo di squadra: era piuttosto un fantasista egocentrico, perennemente sotto l'occhio della telecamera.
Per qualcuno è un modo romantico di intendere la Medicina, ma io - chirurgo profondamente attaccato all'idea di squadra - non credo proprio.
E' finita l'epoca di uomini così, nel nostro mestiere.
Per fortuna.