giovedì 27 settembre 2012

Una questione di responsabilità

Non amo Alessandro Sallusti; e non è questione di antipatia umana. Per lo meno, non solo.
Da ex lettorequalunque lo accuso di essere il principale - non l'unico - responsabile di quello che è diventato oggi il "Giornale" che fu il mio "Giornale", quanto meno ai tempi di Indro Montanelli: era il più importante, forse l'unico circolo liberale esistente in Italia; è diventato un organo di partito, e nemmeno fra i più discreti, alfiere di un giornalismo becero e tracotante, volgare e troglodita.
Ricordo molto bene all'indomani delle dimissioni di Berlusconi un titolo che recitava "E' stata la culona", con riferimento alla Merkel quale (supposta) mandante esterna del cambiamento di rotta politica italiana; il che poteva al limite anche essere, ma mai e poi mai il "Giornale" di Montanelli, quello che una volta era il mio "Giornale", si sarebbe prestato a una facciata di profilo così basso e meschino. E taccio delle disgustosa campagna diffamatoria contro Boffo, all'epoca direttore di "Avvenire".
Il vecchio Indro appiccicava al muro i propri avversari con classe sovrumana e cultura superiore, senza dover ricorrere a queste tristi miserie; e ci rendeva orgogliosi di appartenere a un'élite che oggi - me ne rendo sempre più conto scendendo nella valle degli anni - è definitivamente scomparsa.

Detto questo, esprimo il mio rispetto per la scelta di Sallusti di evitare scappatoie tipo richiesta di grazia e affidamento ai servizi sociali, ma affermo apertis verbis che non mi sento di associarmi alla levata di scudi (quasi) bipartisan in suo favore.
E non tanto per le pratiche ragioni di convenienza espresse - per esempio - da una penna autorevole come Alessandro Robecchi de "L'Unità" che citava i veti di un suo ex direttore (chi? Macaluso? Colombo? Padellaro?) quando impediva ai giovani giornalisti di pubblicare articoli che avrebbero potuto incorrere nella furia censoria altrui: se hai dalla tua l'onestà intellettuale, essa dovrebbe essere l'unico tuo criterio guida nel rispetto dei lettori.
Era quello che Montanelli definiva "Potersi guardare allo specchio alla mattina mentre ci si fa la barba".

Sia chiaro: questo NON è un reato d'opinione (quello che segue - e senza commenti - è il link  con l'articolo del sedicente Dreyfus su Libero all'origine della querelle), che scatenerebbe paragoni assai più elevati di quanto meriti Sallusti, ma un ben più dozzinale caso di diffamazione. Aggravata.
Col mio parere di uno qualunque, posso essere d'accordo in astratto con il principio di depenalizzare una fattispecie come questa e di trasformare la sua pena da detentiva a pecuniaria; ma mi secca egualmente un po'.
E si tratta di una questione di principio.
Io ho provato a essere diffamato a mezzo stampa: so cosa vuol dire. Il mio nome è stato buttato nel fango insieme a quello di altri miei colleghi in un articolo di un giornale nazionale in cui una vicenda è stata rivoltata proprio da giornalisti che non si sono peritati in nessuna maniera di capire come fossero realmente andate le cose. Non solo: nella versione online di detto quotidiano, c'è stato spazio anche per un forum in cui i lettori disinformati, ma assetati di sangue, si sono potuti sbizzarrire con insulti e auguri, il più carino dei quali è stato "Sbatteteli in carcere e buttate via la chiave".
In quanto medico, vedo quotidianamente il mio lavoro massacrato da persone che si preoccupano solo di dare in pasto notizie totalmente prive di fondamento o di costrutto logico, basta che siano lacrimevoli: e con la strutturazione della condanna già insita nelle parole.

Oggi (quasi) tutti si stracciano le vesti per tutelare la libertà di espressione di Sallusti; ma la condanna - che, umanamente, gli auguro di cuore venga sospesa - colpisce NON il suo diritto di opinione, che ovviamente è sacro, bensì il reato di diffamazione aggravata, che è ciò di cui è stato riconosciuto colpevole.
La diffamazione denuncia - nella migliore delle ipotesi - un'imbarazzante superficialità in chi la utilizza senza riflettere: chi maneggia l'informazione ha un potere non banale che deve essere gestito con molta più responsabilità.
E' questo atteggiamento superficiale, totalmente privo di professionalità e di senso del dovere che, secondo il mio modesto parere, dovrebbe essere punito in tutti i Sallusti che bazzicano i nostri canali di informazione