martedì 22 marzo 2011

Non so se l'avete notato...


...ma, nell'elenco dei link alla vostra sinistra, c'è una nuova voce: è www.peritoneo.it, il mio nuovo sito che si occupa di un mio topic lavorativo, la patologia maligna del peritoneo.

Lo so, di solito non parlo di cose di lavoro qui sopra, però questa è una problematica sulla quale ho investito molto: ore di studio, giornate passate nella sala operatoria 5 dell'Istituto dei Tumori di Milano a seguire l'attività del dr. Marcello Deraco - che mi ha insegnato i segreti di questa chirurgia così difficile - e poi, da 6 mesi, i primi interventi anche presso il mio Ospedale.
Non è facile: è una problematica complessa e molto impegnativa non solo per il paziente, ma anche per i medici e tutta la struttura sanitaria che organizza un intervento che dura 10-12 ore e la cui logistica è paragonabile solo a un trapianto di fegato.
Da qualche tempo mi era venuta voglia di raccontare il tutto in un sito internet, che fondesse le esigenze di documentare da un lato il know how di queste malattie così complesse, e dall'altro di dar voce ai pazienti e ai loro parenti mediante un forum, raggiungibile dal sito tramite un semplice click: a tutto ha provveduto come sempre mio cugino, Francesco Bagnoli, laureando in Ingegneria delle Telecomunicazioni presso il Politecnico di Milano. Ho poi chiesto a due pazienti di raccontare la loro esperienza, come fanno regolarmente gli americani: è il miglior sistema per esorcizzare le normali paure legate a un evento così difficile: hanno acconsentito e, spero presto, mi affideranno le loro riflessioni. Ho chiesto loro di raccontare tutto: le loro paure, le speranze, come hanno vissuto il momento della diagnosi, come la malattia ha alterato il loro schema corporeo, come è stata l'esperienza del passaggio obbligato in Terapia Intensiva. E ho chiesto anche di raccontare come è stato il rapporto con i medici: se sono stati in grado di ascoltare le loro angosce, e di dar corpo alle loro speranze. E' una bella sfida, perché - non bastasse la difficoltà della malattia - ci si rimette in gioco anche con i pazienti. Ma mi sento abbastanza tranquillo: so cosa ho messo in campo. E parlo per una volta in prima persona perché, in quanto responsabile del progetto, è giusto che divida con gli alti ciò che va bene e che mi assuma in prima persona le responsabilità di ciò che non funziona, ma anche questo serve per crescere.

Non pretendo che vi interessi, però so che di solito seguite con affetto le cose che scrivo.
Guardatelo, quindi, appena avete un attimo di tempo da spendere; e tenetene da parte l'URL, caso mai vi imbatteste in qualcuno che potesse aver bisogno di un parere o di un'idea sul tema.
Io sono anche questo

venerdì 18 marzo 2011

Siamo realisti!...


Alessandro Milan (splendido cognome, a proposito: non trovate?) l'altra mattina ha intervistato per Radio24 Ermete Realacci e tale senatore Fluttero - se ho capito bene - a proposito della politica nucleare del governo.

A parte il fatto che sembrerebbe che il governo ci abbia già ripensato prima ancora di pensarci seriamente; al di là delle dispute ideologiche fra i contendenti, è emerso un aspetto interessante: ammettiamo che "passi" l'idea di una riconversione al nucleare, dove mettiamo la prima centrale?
Gli italiani si lasceranno magari anche convincere della bontà dell'energia nucleare come entità astratta; ma, come entità pratica, l'accetteranno solo a condizione che la mettano altroveL'italiano è quasi sempre convincibile della bontà di un'iniziativa, a condizione che la subisca qualcun altro

martedì 15 marzo 2011

Odio i tedeschi


Tanta stanchezza non ancora riassorbita.

La necessità di scrivere articoli per il nuovo sito sul peritoneo, il nuovo grande amore lavorativo.
E volendo dirla tutta, ci sarebbe da scrivere anche qualche articolo sull'opera. 
C'è anche un po' di mal di gola, che m'impedisce di cantare come vorrei.
Insomma, è tutto un insieme di cose che fa sì che io mi fermi qui.

Ma tutto passa in secondo piano, perché stasera l'Inter esce dalla Coppa dei Campioni.
Nove mesi sono passati da quella maledetta sera in cui gli indegni e ignobili delatori, i figli di Dentiera Nera e dell'omino di Setubal, quelli dello scudetto di cartone, quelli che - come schifosi parassiti - si sono costruiti la squadra con i giocatori che gli altri sono stati costretti a cedere; nove mesi, dicevo, dacché le chiaviche si sono costruiti la loro sera di gloria a spese della squadra che invece, stasera, li ha rimandati dove di solito finivano gli altri anni a questo punto: a casa.
E sì, lo so, ci sarebbero tante cose più importanti di cui parlare, e sappiamo bene quali, ma questa sera mettiamo delicatamente e per un momento da parte la tristezza.
Questa è la sera della rinuncia al dovere privato e sociale.
Questa è la sera della gioia pazza e infinita.
E' la sera in cui facciadimerda Leonardo smette di spandere bava e di commettere atti impuri pensando e continuando a ripetere che grande allenatore sia stato lo stronzo che l'ha preceduto.
E' la sera in cui Dentiera Nera la smette di pensare alla remuntada, usando quello slang portoghese-ispano-carioca che - a suo dire - dovrebbe contrassegnare la vera milanesità; quella - per intenderci - per cui la cognata gli ha consegnato l'Ambrogino d'oro, dopo che lui l'ha sfinita per anni con richieste ossessive; d'altra parte va capito, nessun altro mai gliel'avrebbe dato, era l'ultimo momento.
E' la sera in cui il miserabile tifoso interista torna sulla terra e lascia l'empireo che ha sfiorato, in una notte pazza e irripetibile, per effetto di una disonestà partita quattro anni prima, nell'estate del 2006, e costruita a tavolino con giudici e arbitri compiacenti.
Giustizia è fatta: a casa, ragazzi!

Ma improvvisamente, nel bel mezzo di questa sublime e meritata beatitudine, cosa succede?
Cosa cazzo combina quell'idiota di Pandev? Perché l'ha buttata dentro? Perché mi ha rovinato la serata? Cosa ho fatto di male per meritarmelo? 
Chi si fida più di questi cessi di tedeschi? Possibile che non sappiano portare a casa nemmeno una partita già stravinta?
Povero me! E chi lo sente più quel rompicoglioni pelato che scrive libri di calcio?
Perché ho parlato così presto?
Oh, fanculo: devo pur gioire di qualche cosa, no? Domani l'Inter concluderà la remuntada e il pelato farà festa sul mio cadavere.
Cosa dovevo fare? Bisogna pur cogliere l'eternità dell'attimo fuggente.

Odio i tedeschi: mi rovinano i sogni

venerdì 11 marzo 2011

L'apostrofo marrone

Ci avete fatto caso? A parte "produttività", il termine "flessibilità" è probabilmente quello maggiormente usato nelle riunioni di lavoro.
La flessibilità è la caratteristica più frequentemente associata - per renderlo gradevole - a uno strumento che viene accostato al tuo ano. 
Ma che cos'è questo strumento
Trattasi solitamente di qualcosa di inutile o scarsamente influente, ideato da qualcuno che viene pagato per complicare la vita a tutti coloro che di detta complicazione non avrebbero affatto bisogno, che di solito ottiene lo scopo di provocare proteste e dimissioni di massa da parte di chi lo subisce e che diventa determinante solo nei primi e tragici momenti della sua applicazione, quando cioè l'ideatore si sente più virtuoso e, conseguentemente, inflessibile nella sua applicazione manichea e geovista. La tappa successiva infatti è, ovviamente, un sano dimenticatoio: lo strumento passa di mano, viene adattato, arrangiato, manipolato e, soprattutto, interpretato: chiunque si sente in diritto di articolare un giudizio, un pensiero, una variazione sul tema. Dopo tanti passaggi dello strumento esisterà ancora, forse, il ricordo.
Ma, per il momento, lo strumento pende sulle nostre teste ancora luccicante di tutte le sue cromature, fresco di fabbrica.

Chi ascolta l'enunciazione delle virtù dello strumento ha la strana sensazione di vivere sulla luna: "Lo strumento è stato accuratamente ponderato" (come dire: mica vorrete rompere i coglioni con tutti i soloni che ci hanno pensato); "Lo strumento ha margini di miglioramento, ma ci possiamo riuscire con il contributo di tutti" (cioè: non vi azzardate a criticarlo); e infine: "Adesso lo proviamo..." (e tu pensi: dài che non sono stupidi, così capiscono che è una cagata e ce lo levano dai marroni) "...e poi dal mese prossimo diventa operativo".

Ça va sans dire!

E la flessibilità?, domando io. 
Questa flessibilità intransitiva che sempre si pretende dagli altri e mai si offre dall'alto? 
Cos'è infine questa flessibilità?
Un concetto?
Una monade?
Un'astrazione o una concrezione?
Parola sospesa come una mannaia sulle speranze di tutti gli operatori, anacoluto avvitato sulla logica aziendale, negazione di ogni anelito all'emancipazione del misero travet, apostrofo marrone fra le parole "t'inculo".
No, ho deciso: so che lo strumento alla fine non sarà flessibile, ma non mi fletterò nemmeno io: non si sa mai, la flessione agevola sempre la penetrazione del nemico