giovedì 23 agosto 2012

Una questione di dignità


Ze Love è il nom de plume di tale Ze Eduardo, oscuro e scarsissimo giocatore brasiliano in forza al Genoa e oggetto, qualche giorno fa, di rapida trattativa fra Galliani e Preziosi.
In sintesi, il brasiliano ha giocato la scorsa stagione 8 partite, con uno score personale di 0 gol fatti: pochini, se consideriamo che Ze Love sarebbe nominalmente un attaccante e come tale sarebbe stato preso “in prova” da Galliani. In altre parole: il giovanotto viene trasferito a Milanello e provato da Allegri. Se convince, rimane in prestito con diritto di riscatto; altrimenti torna a casa.
Ora, si può stare a discutere sino a domani mattina se sia etico stare anche solo a perdere tempo in “prove” su uno scascione che, nel Genoa, in 8 partite ha fatto 0 gol; ma tal dei tempi è il costume e questo è il pane che il tifoso milanista deve mangiare, dopo aver applaudito – nello stesso ruolo – gente non dico come Marco Van Basten, Filippo Inzaghi, Andriy Shevchenko e George Weah, ma anche come Oliver Bierhoff o  John Dahl Tomasson (il caro, vecchio Salmone di buona memoria), tanto per fare i primi nomi che mi vengono in mente.
Ma il nodo è stato sciolto proprio da Ze Love il quale, ferito nell’orgoglio dalla proposta di una “prova” nel Milan,  si è opposto alla formula ottenendo un sano calcio nel culo da parte di Ariedo Braida, che l’ha giustamente rispedito al mittente.
E qui si impone una piccola riflessione.

Come giustamente notato dal mio dentista personale, amico fraterno e grandissimo tifoso rossonero Enrico Barani, è dai tempi della cessione di Shevchenko al Chelsea che siamo diventati lo zerbino d’Europa. Il trend attuale non fa altro che peggiorare questa scarsa considerazione.
Ci continuano a dire che il Milan è il club più titolato al mondo? Chi se ne frega! È roba vecchia. persino all'Inter si sono già dimenticati del Tromb-one e del triplete, che pure è più recente.
L’attualità ci dice che il presidente vicario del Milan – uno che fortunatamente almeno ci capisce di calcio a sufficienza per limitare i danni – da molti anni va in giro a pietire prestiti non solo presso le altre squadre nazionali – e sarebbe anche il meno – ma soprattutto internazionali.
Col risultato che i dirigenti di questi club si divertono a irridere Galliani e soci come sta facendo non solo il Real con Kakà (avanzo improponibile del grande campione che fu), ma persino il Montpellier con tale Yanga Mbiwa e il Marsiglia con l’altrettanto sconosciuto Kolou, valutati dai loro presidenti cifre che suonerebbero indecorose persino per Messi o Cristiano Ronaldo.
La conclusione è che allo stato attuale delle cose, chiunque può farsi beffe del Milan; e la colpa, ovviamente, è solo della dirigenza.
La proprietà si fa bella del ripianamento del bilancio grazie alla vendita dei pezzi più pregiati, ma ignora – o fa finta di ignorare – che:
1.     di circa 10 giocatori scomparsi dall’organico, perché venduti (Thiago Silva e Ibra) o a fine contratto (come Seedorf e Nesta), non è stato rimpiazzato nessuno. Questo perché nessuno dotato di buon senso considera Pazzini un sostituto di Ibra o – peggio ancora – Montolivo l’erede di Seedord. Ai tempi che furono, questi onesti gregari si sarebbero sistemati nella posizione più logica per loro: la panca
2.     la storia dei prestiti sta coprendo il Milan di ridicolo. Con questa politica il Milan può assicurarsi i servizi solo di vecchie ex-glorie bolse, oppure di scartine di terzo-quarto profilo
3.     una squadra perdente è una squadra che non guadagna. E il Milan di adesso non può ambire di andare oltre il 5° posto in classifica del campionato italiano, atteso che invece in Europa non andrà – se va molto bene – oltre gli ottavi

Questa squadra triste, malata nel gioco e povera di contenuti; questa squadra che va a prostituirsi per avere in prestito giocatori di livello infimo, buoni solo per una partita parrocchiale, spacciandoli per progetti di campioni, ma solo se si propongono per la mano della figlia del presidente; questa squadra che una volta veniva considerata punto di arrivo per qualunque top player, adesso viene rifiutata da un oscuro pedatore che di brasiliano ha solo il nome, mentre il soprannome fa più pensare al Buddy Love del “Professore matto” portato in scena prima da Jerry Lewis e poi da Eddie Murphy.
La colpa, ovviamente, non è di Ze Love, che si fa i suoi interessi e che giudica secondo quello che vede.
No, la colpa è di una dirigenza sciagurata che ha fatto di tutto per rovinare la reputazione e il prestigio di quella che – una volta – era davvero la squadra più forte del mondo, che umiliava il Real Madrid al Santiago Bernabeu o il Barcellona predestinato a vincere la Coppa dei Campioni.
Non voglio la razza padrona, non pretendo tanto: i tempi sono cambiati.
Chiedo solo di non rinunciare completamente alla dignità della primogenitura per un lurido piatto di lenticchie. Alle volte c’è più dignità nella povertà vera, che non nella falsa ricchezza

martedì 21 agosto 2012

Dizionario delle vacanze


·         Ed ecco, giunto quasi alla fine delle vacanze, il dizionario che si riferisce a questo meraviglioso periodo. Non è completamente affidabile né esauriente, ci sono alcune mancanze e alcune ripetizioni, ma permette qualche riflessione dolce-amara sull'indispensabile periodo in cui si abbandona per un periodo adeguatamente lungo il posto di lavoro.
      Tante riflessioni in libertà e una considerazione finale: non è che alla fine è meglio Milano?...


    A come ANCORA UNA VOLTA CELLE: ebbene sì. Il Ponente, prevedibile e noioso, offre l’unica risorsa veramente desiderabile per il cittadino in vacanza: il riposo, in tutte le sue forme più pigre
·      B come BALCONCINO (VISTA MARE): è quello che qui chiamano “poggiolo” ed è quello da cui scrivo le mie cose sulla tastiera del MacBook (ebbene sì, sono un Mac-onanista). Nei momenti migliori arriva un po’ di aria, ma questi sono giorni perfidi di macaia
·      C come CAFFÈ: il rito del caffè mattutino, reiterato, da solo al bar mentre contemplo i grandiosi quarti posteriori di Eva, o in compagnia di tutti gli altri sulla spiaggia – ma nella caffetteria dei bagni concorrenti – è l’unica reale alternativa di buon senso alla focaccia
·      C come CALCIOMERCATO: a meno che non siate tifosi della Juventus, candidata a vincere a mani basse i prossimi 45 campionati (e così la smetteranno di rompere i coglioni sulla storia inesistente delle tre stelle – la legge è uguale anche per loro) non c’è veramente un cazzo da ridere. Se il vostro presidente ambisce a una nuova carriera politica, anche se ormai potrebbe godersi una ricca pensione, magari circondato da giovani fanciulle in fiore; se pensate che la vostra squadra potrebbe essere rilevata da uno sceicco che, invece, non è così cretino a farsi mangiar vivo di tasse da Monti; se pensate che piuttosto che i dibattiti televisivi sul calciomercato, meglio una replica dei Cesaroni… complimenti, siete anche voi tifosi del Milan!
·      C come CODE: arrivo all’apertura del supermercato alle 8.30 e ho già 15 persone davanti al banco del pane; alla doccia sulla spiaggia c’è sempre qualcuno che mi passa davanti; nella focacceria non accendono il numerino (ovviamente per risparmiare sui talloncini di carta) e chiedono “A chi tocca?...” con voce talmente lagnosa che mi induce a uscire immediatamente. Magari sono particolarmente sfigato io, ma è difficile non pensare a una predestinazione
·         D come DELLE VACANZE (COMPITI): convincere un figlio a farli quando ha tutt’altro per la testa è un’impresa praticamente disperata. Se lo invito a farlo tramite Facebook, poi, ci si mette il tremendo, insopportabile e comunardo Luca Rebeggiani a fomentare la lotta di classe…
·      E come EPPURE L’ANNO SCORSO SI STAVA MEGLIO: il vacanziero stanziale è logorroico, ripetitivo e anche un filo nostalgico. Nella sua mente l’estate precedente era meglio: più fresca, ogni tanto pioveva, il pane costava meno, la focaccia era meno unta, il cielo un po’ più blu, il mare più pulito, il gelato meno caro, la gente rompeva meno i coglioni. Andando ancora più indietro nel tempo, nella nostra memoria, la sera dopo il tramonto ci mettevamo il golf perché faceva freddo e dormivamo con la copertina di lana; e dopo ferragosto rinfrescava sempre. E se anche ce lo dimenticassimo, ce lo ricorderebbe l’ennesima replica di “Sapore di mare”: la Versilia che tutti abbiamo vissuto e che adesso non esiste più
·        F come FOCACCIA: lo so, lo so, è probabile che abbiate pensato a un altro vocabolo che inizia con la “F” ma la focaccia ligure, grondante olio e intinta nel sale, cibo economico solo nella nostra immaginazione ma non nella praticità dei liguri, è il simbolo stesso della vacanza sul Ponente. Vi dileggeranno, commenteranno il vostro girovita, vi diranno che fa male alla pressione. Lasciateli dire
·     G come GENTE DA SPIAGGIA: sempre gli stessi, da anni; sempre le stesse menate. Persone anziane che passano il loro tempo a raccontare gli interventi cui sono stati sottoposti durante l’inverno, sempre con tono da sopravvissuti. Squinzie di infimo ordine che non avrebbero nessuna possibilità in posti elitari come Santa o la Costa Smeralda, qui a Celle si sentono come Belèn. Qualcuno/a cerca di darmi del tu, io resisto. Cristina riesce a far comunella con (quasi) tutti, io mi chiamo fuori e riesco a evitare (quasi) tutte le discussioni a sfondo medico; e la mia Dolce Metà dice che sono un orso. Alla peggio, il mio Kindle e le cuffie nelle orecchie riescono a far desistere il rompicoglioni più coriaceo
·      H come HANNO ROTTO LE PALLE: le persone della spiaggia che ti danno i consigli su come curare la moglie (“…ma tanto mica devo dirlo a lei che è un dottore!”); le casse acustiche intorno alla piscina al momento dell’acquagym; quelli delle previsioni del tempo nel raccontare il caldo; quelli che ostinano a chiederti di darvi vicendevolmente del “tu”; quelli che ti chiedono un consulto estemporaneo; le buone signore della spiaggia che potrebbero pensare più proficuamente a far felici quelle vittime dei loro mariti (ogni riferimento a persone esistenti è fortemente voluto)
·      H come HATHAWAY (ANNE): ovvero Catwoman, aspettando il nuovo Batman il cui cattivo (Bane) ha ispirato l’ennesimo ragazzo pazzo stragista americano. È la diva più sexy del momento? Secondo il già citato Barba (vedi due voci sotto), sì; e anche in questo caso, sono costretto a dargli ragione
·      I come I-PHONE: secondo il mio vecchio amico Sandro, l’oggetto più sopravvalutato degli ultimi anni; secondo me, la genialata che ha costretto tutti a adeguarsi a un nuovo concetto di telefono, e chi non ce la fa a star dietro scompare (vedi BlackBerry). In spiaggia ce l’hanno quasi tutti: un caso?
·      K come KINDLE: oh, qui aveva ragione il Barba (mi duole doverglielo dire, lui ovviamente gongola e si pavoneggia): è di gran lunga il migliore ebook reader in commercio, e anche il più cool. Sulla spiaggia se lo mangiavano tutti con gli occhi e me lo invidiavano molto più dell’iPad, bello ma ormai molto cheap anche nell’immaginario collettivo
·      L come LAVORO: un pensiero nemmeno tanto lontano, un sottofondo perennemente presente. Forse è vero: non si riesce a “staccare” mai completamente
·      M come MONTI: li rimpiangi con il caldo; poi pensi che è il cognome di quello che ti sta tar-tassando, e ti accontenti dei mari
·      N come NOTTE DI SAN LORENZO: è la storia della mancata sagra alimentare dei Ferrari, per la prima volta dopo tanti anni. Peccato…
·      O come OPERA: ascoltare nelle cuffie dell’iPhone il “Tristan” diretto da Bernstein (ma anche “Atom heart mother”, già che siamo in tema di classici) mentre guardi il tramonto sul mare è una di quelle piccole gioie della vita senza prezzo
·      P come POLITICA: toh, esiste ancora?... Dai giornali scopriamo le nostre esigenze di un grande centro. A me mancano le litigate politiche di una volta. È vero, sono invecchiato
·      Q come QUOTIDIANO: sull’iPad. Costa di meno, lo ingrandisci a tuo piacimento, è ricco di contenuti multimediali, lo puoi iniziare a sfogliare dalle 6 del mattino. Proprio senza difetti? No: lo schermo retroiiluminato è pessimo per la lettura al sole e manca l’odore della carta stampata
·      R come ROMANZO (MIO, IN GESTAZIONE): suspence, sangue, sesso sfrenato, mistero, psicanalisi, rapimenti, tradimento, sorpresa finale: tutto questo e molto altro ancora nel grande noir che tutti stanno aspettando. È Bea la grande donna dell’estate! Fra poco anche in libreria e, ovviamente, nei vostri ebook reader!
·      S come SUPERMERCATO: sfornito di tutto, con personale di una lentezza irritante, alle casse ti chiedono anche le monetine da 1 e 2 centesimi ma in compenso manca l’acqua minerale. Come diceva Mario, l’altra mattina: “E’ l’unico posto dove non riesci mai a comprare lo stesso pane che ti hanno dato il giorno prima”. A casa nostra, un posto del genere non sopravvivrebbe più di una settimana
·      T come TORMENTONE: per qualcuno è il “Pulcino pio”, per me sono le menate sul caldo tropicale, su quanto dura, su quanto percepiamo e sul nome da dare al centonovantasettesimo anticiclone che proviene dalla Libia nel giro di un mese e mezzo. Io patisco orribilmente il caldo e sogno il prosaico condizionatore di città
·      T come TROLLARE: se avete un figlio teen-ager, questo è il verbo della sua estate; conseguentemente, lo è anche della vostra. È tutto un susseguirsi di troll-face, troll-song, “Papone, mi stai trollando?”, LOL! e via discorrendo. Cosa significa trollare? Indefinibile: qualcosa come “prendere per il culo”, ma con il sorriso e un pizzico di ironia. Difficile seguire un figlio sul suo stesso terreno… ma ci si può provare!
·      U come UH, CHE BEL CULO: lo so, è un po’ tirata. Ma trovare qualcosa che incominci con la “U” e abbia un senso è un po’ difficile; per cui meglio questo estemporaneo omaggio al trionfale posteriore femminile, che ogni tanto (non sempre: ecco perché l’esclamazione) trova la propria glorificazione deambulante sulla spiaggia
·      V come VEDERSI: è l’imperativo che avevamo condiviso il dottor Gianluigi Taverna (amico e meraviglioso urologo del mio ospedale) e io; ovviamente, per i motivi più vari è andato tutto a puttane, come peraltro ampiamente previsto. Ciò non gli impedirà di rompermi i coglioni, al momento in cui, effettivamente, ci rivedremo; e lo farà perché sarà di pessimo umore per aver rincominciato a lavorare
·      V come VIAGGIO: è quello perennemente programmato sin dall’inverno, verbalmente reiterato durante il mese di agosto (“Cosa ne dici? Potremmo andare a…” e segue elenco di possibili destinazioni) e sistematicamente annullato dalla moglie (“Ma sei scemo, con questo caldo?”). Il viaggio è quella cosa che esiste solo come idea, poi rimani sempre lì, sulla spiaggia, con i tuoi rompicoglioni
·      W come WHATSAPP: ottimo mezzo di comunicazione gratuito fra utilizzatori di iPhone e altri modelli intelligenti di telefonia. Solitamente permette garbate prese per il culo fra me e il già più volte citato Stefano Barbetta; d’inverno, invece, è il mezzo di comunicazione preferito dalla mia collega Simona. E meno male, visto che parla con ultrasuoni
·      Z come ZERBINI: i mariti/compagni che accettano le bizze delle aspiranti vamp da spiaggia (di basso profilo) si candidano a una permanenza fatta di letture solitarie non volute – come nel mio caso – ma necessarie. Ma col termine "zerbini" indichiamo anche i milanisti che si fanno camminare sopra dai gobbi (juventini, ndr) e ridere addosso da tutte le società calcistiche più scascionate dell'universo cui vanno a chiedere in prestito calciatori indegni -in altri tempi più felici - di scaldare anche la panca...

Come si diceva, in yiddish? Oh vey! Poveri noi...

mercoledì 8 agosto 2012

Campioni

Marita Koch, classe 1957, atleta della DDR. E' tuttora, a distanza di circa 30 anni, detentrice del record dei 400 metri, mai battuto. E' ormai accertato che fu imbottita di Oral Turinabol, un anabolizzante somministrato a lei e a altre a dosaggi disumani, in qualche caso superiori due volte alla normale increzione di un essere umano di sesso maschile.
Jarmila Kratochvilova, classe 1951, atleta della Cecoslovacchia: nel 1983, suo anno migliore, contese a Marita Koch il titolo sui 400, ma fu attiva anche su altre lunghezze; a tutt'oggi permangono dubbi pesanti sulla sua reale identità sessuale.
Helena Fibingerova, classe 1949, altra atleta della (allora) Cecoslovacchia, specialità lancio del peso. Il suo peso, invece, non poteva essere lanciato nemmeno da Schwarzenegger: 95 Kg di muscoli distribuiti in modo androide su 179 cm di altezza.
Ilona Slupianek, classe 1956, DDR: fu colei che batté il record della Fibingerova. Squalificata per doping.
Andreas Krieger, quindi maschio, classe 1966, DDR, nato come Heidi, quindi femmina. All'epoca in cui il sesso era almeno nominalmente femminile era lanciatrice del peso. Nel 1986 vinse i campionati di Stoccarda nella sua specialità. Nel 1991 come atleta era finita. Nel 1997 i 2995 milligrammi di Oral-Turinabol che i suoi dirigenti le avevano somministrato completarono il loro lavoro: Heidi cambiò sesso e divenne ufficialmente Andreas. Per la cronaca, l'Oral-Turinabol veniva prodotto da un'azienda di Stato, la Jena-Pharm.
Roma, 1994, Campionati mondiali di nuoto: le atlete cinesi conquistano 12 titoli mondiali nuotando a velocità tripla rispetto alle avversarie. I controlli effettuati dimostrarono nel sangue delle atlete dosi equine di deidrotestosterone, uno degli ormoni sessuali maschili.
Lance Armstrong, ciclista texano classe 1971 vince per 7 volte consecutive il massacrante Tour de France dopo essere stato sottoposto a chemio-radioterapia per un cancro. A coloro che mostrano moderato stupore di fronte a questi risultati dopo un trattamento che, teoricamente, dovrebbe letteralmente demolire le risorse di un essere umano, Armstrong risponde che lui non si è mai dopato, e tanto basta. Alcuni compagni di squadra della US Postal sostengono il contrario e l'Agenzia Antidoping Francese propongono (propongono! Pantani fu fermato per molto meno!) a Armstrong di ripetere i controlli sulle urine conservate sin dal 1999, ma lui rifiuta il consenso e la cosa finisce lì: i Francesi hanno bisogno del Mito - anche se non francese - da innalzare sulla Grande Boucle, contrariamente agli italiani che invece fanno fuori i loro.
Londra, Olimpiadi: la sedicenne cinese Ye Shiwen ha fatto sui 400 misti  un tempo inferiore a quello di Michael Phelps.

Ora, com'è giusto che sia, tutti si stracciano le vesti di fronte a Alex Schwarzer che ha ammesso (peraltro senza cercare sconti o alibi) di aver fatto uso di EPO. Ho la strana sensazione che questo empito puritano sia vissuto come tale solo in Italia mentre, nel resto del mondo, sembrerebbe che non gliene importi niente a nessuno.
Non è quanto meno bizzarro che l'essere umano si entusiasmi di fronte al proprio simile che sconfigge i propri limiti sfidando sempre maggiormente le Leggi di Natura, senza chiedersi nel contempo come sia possibile questa continua erosione? 
Usain Bolt - fenomeno vivente - è accreditato di 9.48 sulla distanza dei 100 metri piani! Ammesso che ciò prima o poi sia possibile, è verosimile che nemmeno quello sia un punto di arrivo, ma l'ennesimo punto di partenza per altri che da lì riusciranno, in futuro a spingersi oltre.
I ciclisti nei grandi giri a tappe fanno circa 200 Km al giorno di ascensioni su salite disumane con pendenze terrificanti affrontate a velocità che aumentano progressivamente di anno in anno.
Giocatori di calcio di struttura fisica fragile mettono in un anno chili di muscoli, e poi stanno fuori per infortunio tre quarti della stagione.
In definitiva, nessuno - né atleti, né dirigenti, né tifosi né semplici e distratti spettatori che si ricordano dell'esistenza dello sport solo quando ci sono questi enormi carrozzoni mediatici - sembra accettare i limiti che una Natura crudele e indifferente sembra ancora volerci imporre.

Non è curioso che col termine campioni si intendano non solo i fenomeni che producono record più o meno leciti, ma anche i quantitativi di sangue e urine dove si trovano le prove che i fenomeni - o presunti tali - hanno barato?...

lunedì 6 agosto 2012

Lo chiamano maccaia


Caldo sciropposo in questi primi giorni di vacanza, come se il mare volesse creare un'incongrua e non auspicata continuità con l'afa che speravo di aver sepolto a casa, in città.
Non sono ancora pronto per i bagni in mare, sinora timidamente approcciati (ma per la focaccia sì), e allora giro per il paese, consumando caffè e godendomi la silenziosa compagnia del mio iPad, cercando invano un po' di ristoro.
Guardo le persone che passeggiano; sono poche e per lo più corrono in cerca di una forma fisica perduta, oppure parlano al telefonino. 
Entro dal panettiere a prendere la mia pagnotta al germoglio di grano, croccantefuoriemorbidadentro, che mi viene messa caldissima in un sacchetto, e me ne godo il profumo inebriante. Nella bottega del prestinaio mi colpisce una signora relativamente giovane, con una bambina irrequieta che sembra inadeguata all'ostentata stanchezza della madre, che parla lentamente e strascicando le parole come a voler palesare tutta la stanchezza dell'universo: con la sua parlata lenta e ampia - che mi ricorda quella di una vecchia e nobile signora di Porto Santo Stefano - sembra la pubblicità del dragone africano. Usciamo assieme, io dietro di lei; ne seguo affascinato l'ondeggiare maestoso, che frastaglia la sua camminata con un sapiente beccheggio. È il ritmo eterno e maestoso del culo femminile, che sembra riassumere in sé il moto ondoso e l'alternanza delle maree, lo Yin e lo Yang, il sole e la pioggia, la sete e l'acqua, il desiderio e la soddisfazione. Non so se l'ignota e altera signora sia consapevole di tutta la filosofia che evocano in me i suoi quarti posteriori. Scuote inconsapevole la chioma, si asciuga il sudore e cammina ondeggiando con un'armonia che meriterebbe il respiro possente della wagneriana scena dell'Immolazione del Crepuscolo degli Dei.
Anche la non più giovane ma polposa  e ancora appetibile proprietaria del bar dove mi fermo per il caffè, mi propone non so quanto inconsapevolmente una panoramica delle sue natiche che, sotto il tubino giallo, intuisco fasciate da un attraente perizoma.
Mangio la mia focaccia mentre leggo il Corriere sull'iPad.
Il sole si affaccia fra le nuvole grevi di calda umidità, creando riflessi freddi e grigi sul mare arrabbiato e pericoloso.

Questo vento lento, caldo e appiccicoso, greve e sensuale, che richiede anfratti freschi e silenziosi per ritrovare se stessi, qui in Liguria (soprattutto a Genova, per il vero) lo chiamano maccaia