martedì 17 febbraio 2009

Ci serve una sinistra


Succedono un po' di cose brutte nel panorama politico italiano.

Il PD si prende l'ennesima saracca nelle gengive proprio nella provincia da dove sarebbe dovuta ripartire la riscossa, e Veltroni sceglie la strada più comoda per risolvere il problema, cioè le dimissioni.

Questo, tanto per fare il verso a Marco Travaglio, non è il sosia dello statista che, parafrasando Obama, continuava a ripetere in propaganda elettorale “Yes we can”, sperando nell'effetto da trascinamento planetario che già ipotizzava ai tempi di Clinton il buon vecchio Romano Prodi: è proprio lui. È anche l'inventore del governo ombra, più parodistico ed inutile di quello ufficiale. È il leader di un'opposizione inesistente, capace solo di stracciarsi le vesti senza il senso dello straccio di una proposta alternativa che sia una. Ed è anche colui che si è tenuto accuratamente alla larga dalla campagna elettorale sarda, vinta formalmente da un signor nessuno, ma in realtà dal solito onnipresente Berlusconi che ha impugnato il problema facendone, come al solito, una questione personale, cosa che è stata ben recepita dagli elettori che hanno votato lui, e non l'anonimo Cappellacci.



A questo punto, senza una vera opposizione, come riusciremo a realizzare quella democrazia dell'alternanza che è alla base di ogni politica seria?

Da appassionato lettore di Montanelli e, conseguentemente, da liberale vero quale ritengo di essere, sono francamente basito e deluso. In un momento in cui il berlusconismo più deteriore sta portando alla ribalta tutta una serie di problematiche di cui francamente si sarebbe fatto a meno, a cominciare ovviamente dalla solita tutela degli interessi del proprietario, ciò da cui non si può prescindere è un'opposizione che faccia il suo mestiere, e lo dico da (ex) elettore di quella Destra che sta imperversando con un governo di mezze figure e in cui le personalità di rilievo si contano sulle dita di una mano monca. Ma, parimenti, rimango letteralmente basito di fronte ad una Sinistra che, alle regionali della Sardegna, non trova niente di meglio che riproporre il dimissionario Soru, l'inventore di Tiscali, il creatore della tassa patrimoniale che ha massacrato la principale fonte di reddito per la Sardegna. Cosa si aspettavano i geniali strateghi PD? Che i sardi, grati per aver massacrato le loro finanze, lo rimettessero in sella? E cosa ci dobbiamo aspettare noi sul fronte nazionale, che il geniale personaggio venga addirittura proposto – come da taluni ventilato – per la guida di un partito scalcinato e sempre più allo sbando? Oppure, peggio che mai, che venga rispolverato il solito Cincinnato Prodi, figura patetica di vecchio democristiano, tenuto in non cale dalle gerarchie scudocrociate (il vecchio Andreatta, suo mentore, non ne aveva notoriamente una grande stima) ed eletto a perenne ricostruttore di una Sinistra che, a regola, non gli dovrebbe appartenere, ma di cui incarna il lato più popolare, e cioè l'antiberlusconismo?

Nel Luglio dell'anno scorso, “L'Espresso” ipotizzava che la scena di Sinistra potesse diventare teatro per un nuovo attore, e cioè Filippo Andreatta, figlio di Beniamino, professore di relazioni internazionali all'Università di Bologna con la vocazione “prodiana” del federatore. Difficile – si sosteneva – che Andreatta Jr., essenzialmente un intellettuale, possa farsi coinvolgere in un progetto politico. Non si può dar torto al settimanale. In effetti, a parte il fatto che l'associazione di varie forze di sinistra non ha portato a risultati rilevanti, sarebbe ora che non solo il PD, ma tutta la Sinistra italiana si faccia un bagno di umiltà, abbandonando la propria innata prosopopea da pseudo-intellettualismo da strapazzo e, puntando ad un progetto politico che parta anche dall'antiberlusconismo, ma che a ciò non si limiti, arrivi ad un Riformismo laburista vero e non schiavizzato da quegli estremismi che, comunque, sono già stati cassati in cabina elettorale.

Non sono un uomo di Sinistra – verosimilmente non lo sarò mai – ma mi auguro dal profondo del cuore che ciò succeda in tempi brevissimi, perché la democrazia italiana ha bisogno di un'opposizione forte, seria, credibile e ricca di quelle idee che, altrove (in America, per esempio), hanno permesso il cambiamento vero degli scenari. Per questo motivo, ovviamente, non auguro alla Sinistra di finire nelle mani di D'Alema, uno famoso solo per non aver mai vinto una battaglia politica in vita sua. Non lo dico io: lo affermano con pertinenza Gomez e Travaglio in “Se li conosci li eviti”.

Non basta alzare il pollice dicendo “Yes, we can” per proporsi come l'Obama de noantri: occorrono cose come idee, carisma, forza di volontà, voglia di buttarsi nella mischia. Insomma, tutto ciò che è mancato a Veltroni

2 commenti:

  1. Il problema, Pietro, è che la sinistra non deve "rinnovarsi"; deve prima sparire e poi ricrearsi, come - più o meno - ha fatto la destra. Questo non accadrà perché sono troppo forti le antiche straficazioni di interessi e clientelismi di cui è vissuta per cinquant'anni. Appena si è dato all'Italia la possibilità di sbarazzarsi della sinistra radicale l'ha fatto. Ora diamo all'Italia la possibilità di sbarazzarsi dei sessantottini e vedrai che la sinistra italiana rinascerà! Salutoni e complimenti per le bellissime cose che scrivi.
    Matteo

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  2. Mah...
    Le scelte del congresso DS smentiscono questa tua speranza, giacché il tuo concittadino Franceschini sembra pesantemente inadeguato alla bisogna.
    Occorre gente nuova, ma non sembrano capirlo.
    Pazienza, aspettiamo fiduciosi.
    Grazie di avermi letto!

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