mercoledì 11 febbraio 2009

Non mi ci abituerò mai


Sono quasi vent'anni che faccio questo lavoro.
Quasi vent'anni che ho a che fare con persone ammalate, che si affidano a me per le mie competenze che, fortunatamente, migliorano col passare del tempo.
Ma, nonostante tutto, i pazienti talvolta si complicano e per me iniziano le notti insonni, a rivedermi mentalmente l'intervento mille volte, a cercare di pensare come, dove e quando si è inceppato il meccanismo.
Se penso alle ore passate oggi al capezzale di SC, fra sondini e flebo (mie) e pianti (suoi), mi rendo conto di quanto ancora io sia vulnerabile di fronte alla complicazione, questo evento maledetto che dovrebbe fare parte della nostra quotidianità di medici, e che invece per noi è ancora un corpo estraneo.
Ricordo le parole di Vittorio, la prima volta che si complicò un colon (era anche il primo che avevo fatto): "Ricordati che per quanto impegno tu ci metti a fare un intervento, una quota di pazienti finirà pur sempre per complicarsi; se non sei disposto ad accettarlo, è meglio che smetti di fare questo lavoro".
Lo so e capisco tutto.
Ma oggi SC è occlusa e io so che non avrò pace fino a che la situazione non si sbloccherà.

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