giovedì 26 marzo 2009

Volenti o nolenti


Oggi vorrei citare questo articolo dal sito di “Repubblica” (www.repubblica.it) di oggi:
Non basta essere ubriachi al volante ed aver falciato due persone sul marciapiede per meritare una condanna per omicidio volontario. La Cassazione si oppone di fatto alla linea dura delle procure contro i pirati della strada e conferma una sentenza dei giudici di Salerno che trasformarono in omicidio colposo il reato contestato ad un automobilista ubriaco responsabile della morte di un passante. Le "bravate" dei giovani al volante, spiegano i giudici della suprema corte, sono spacconate, certamente meritevoli di condanna se producono vittime, ma non sono omicidi volontari. Cos’era successo? Era il luglio 2008; i pm salernitani arrestarono per omicidio volontario un giovane romeno che, in pieno centro di Salerno, finì sul marciapiede schiacciando contro la vetrina di un negozio una studentessa di giurisprudenza - Veronica Siniscalco, 28 anni - e il suo fidanzato di 34, Salvatore Alfano. Lui morì sul colpo, lei fu portata in ospedale e operata la cervello. Sull'auto, una vecchia Bmw acquistata appena quindici giorni prima, erano in tre, un muratore di 23 anni al volante, un ragazzo di 17 anni e un loro connazionale. Qualcuno dice che stavano inseguendo uno scooter, hanno perso il controllo della macchina e sono finiti contro il negozio lungo via dei Principati, nel centro della città. La gente voleva linciarli. Al test alcolimetrico l'automobilista risultò positivo. Fu arrestato per omicidio volontario, ma il giudice per le indagini preliminari mutò l'accusa nel meno grave omicidio colposo, ritendo che uccidere un passante da ubriachi non è più grave che investirlo per una distrazione. Interpretazione che indusse la procura a presentare ricorso in Cassazione. I giudici della quarta sezione penale non hanno però condiviso la linea dura dei giudici requirenti e in controtendenza rispetto all'indirizzo recentemente assunto dagli uffici giudiziari, ha ridotto la pena sottolineando gli aspetti "sociologici" del comportamento dell'automobilista. A loro parere, la condotta imprudente dell'automobilista è stata indotta dalla giovane età del conducente e dalla disponibilità di un veicolo di grossa cilindrata. Inoltre, agli occhi degli amici, il giovane doveva dimostrare "la padronanza dell'auto e della strada". Insomma, secondo la Cassazione, il ragazzo "non voleva l'evento": è stato vittima delle circostanze. E sullo stato di ubriachezza, i giudici della Cassazione scrivono infine che è l'alcol che "genera il senso di onnipotenza e può convincere un giovane ad essere invulnerabile". Insomma, anche se ubriacarsi e mettersi alla guida è una scelta, le conseguenze che ne derivano sono involontarie

Questo è quanto.
Giusto o sbagliato che sia, poco conta: così parla la Legge e bisogna adattarsi. Trovo particolarmente suggestiva l’idea che la “giovane età” e la “disponibilità di un veicolo di grossa cilindrata” siano viste come logiche circostanze attenuanti; ma bisogna farsene una ragione. Per non parlare della presenza in macchina degli amici, davanti ai quali il pilota era moralmente costretto a fare bella figura (suppongo che questo includa anche la solita fuga di fronte ai feriti: hai visto mai che la ragazza o gli amici pensino che ti sia rammollito a prestare soccorso alle vittime appena investite!).
Infine, l’idea più suggestiva: è l’alcol a generare il senso di onnipotenza. Quindi è una scusante, un’attenuante, una liberatoria.

Adesso lasciamo per un attimo stare l’idea dell’automobilista ubriaco (e spesso anche tossico, ma non voglio aggiungere troppi bias al ragionamento) e consideriamo l’idea di una pistola carica. Da sola non fa niente, ma se qualcuno l’impugna di danni ne può fare, eccome.
Ora, immaginiamo che questo qualcuno sia “di giovane età”, magari in compagnia di alcuni amici o “colleghi di lavoro” davanti ai quali è “moralmente costretto a fare bella figura”. Aggiungiamoci l’idea che la pistola – magari d’ordinanza – sia di grosso calibro e ricordi da matti quella dell’Ispettore Callaghan che ancora esalta molti giovani. Quale potrebbe essere, usando una pistola, il corrispettivo di andare a 120 all’ora ubriaco perso, di tirare sotto due ragazzi e di scappare via dalle proprie responsabilità togliendo ad un ferito grave anche l’ipotetica possibilità di farcela con un soccorso tempestivo? Per esempio impugnare la suddetta pistola e sparare in direzione di un gruppo di tifosi che si stanno prendendo a pugni in un’area di servizio. Uno Spaccarotella qualunque, insomma: uno per la cui incriminazione per omicidio volontario nessuno trova da eccepire.
Si può onestamente affermare che ci sia stata maggior volontarietà in questo caso che in quello dell’automobilista ubriaco che va come un pazzo per fare il figo con gli amici, tira sotto due ragazzi innocenti e scappa via?
Secondo me, no.
C’è una responsabilità grave, pesante e inequivocabile in chi “impugna” l’automezzo come un’arma, sapendo già di principio che non avrà sufficiente padronanza dei propri riflessi: e non è diversa dalla responsabilità di chi spara in mezzo alla folla. E la responsabilità è ancora maggiore se, una volta commesso l’atto, il responsabile fugge e, di fatto, nega alla vittima anche la residua chance di salvarsi la vita. Scaricare de iure il peso delle responsabilità di chi usa l’automobile come un’arma, cercando giustificazioni sociologiche, è un atteggiamento incomprensibile: l’automobile è stata usata come un’arma – lo ripeto – da uno che consapevolmente si è messo in condizioni di non essere completamente padrone si se stesso, quindi pericoloso per se stesso e per gli altri. Non completamente compos sui, dicevo, ma almeno parzialmente sì: quanto basta, cioè, per scappare vigliaccamente, ed è questo l’aspetto più odioso di questa vicenda e quello che dovrebbe essere represso con maggior decisione.
Un soccorso rapido, tempestivo può essere l’unica chance di salvare la vita.
Negarlo ad una vittima per fuggire dalla responsabilità è una manifestazione di consapevolezza criminale che non può essere giustificata: questo è omicidio volontario, tanto quanto quello di Spaccarotella

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