C'è un evento che periodicamente ritorna sulle prime pagine dei telegiornali: la strage dell'ex-studente. Se ci fate caso, gli ingredienti sono sempre gli stessi.
Avviene per lo più in America, ma non si escludono altre localizzazioni, di solito in posti ad elevato tenore di vita.
C'è un ragazzo che si ripresenta armato come Rambo presso la scuola ove aveva studiato e apre il fuoco su qualunque oggetto animato; alla fine, di solito, si suicida.
Gratta gratta scopri che: c'è spesso alle spalle una famiglia che non comunica; il ragazzo è silenzioso ma in qualche momento della sua vita aveva manifestato idee vagamente nazistoidi; c'era stata qualche manifestazione paranoica ma tutti avevano abbozzato, perché era sì un po' strano, ma in fondo era un bravo ragazzo che non rompeva le balle a nessuno.
Ecco il punto: da sempre, si valuta la necessità di intervenire in senso preventivo solo sulla base di quanto uno rompe. Se se ne sta zitto, se si cova le proprie paranoie per conto suo, le probabilità che venga lasciato stare aumentano vertiginosamente: sono tempi difficili, perché cacciarsela per uno un po' strano ma fondamentalmente tranquillo quando ci sono a spasso decine di rompicoglioni che dobbiamo tenere a bada?
Non vorrei fare psicologia spicciola, ma prendiamo i serial killer, che non c'entrano in assoluto con gli ex studenti, ma che proprio a posto non sono: gente come Ted Bundy o John Wayne Gacy si sono sempre proposti come dei bravi ragazzi un po' sfigati o i classici tontoloni della porta accanto. Se si legge un libro profondamente irritante come "Un estraneo al mio fianco" di Ann Rule (un'amica di Ted Bundy che si rifiutò di riconoscere la realtà anche durante il processo), ci si rende conto del fatto che, se uno fa la parte del bravo ragazzo che non urla e non fa il matto, si può veramente fare di tutto pur di non veder la realtà. Comunque, stiamo tranquilli: nella maggior parte dei casi, dopo, salta sempre fuori qualche solone che ci dice che il ragazzo manifestava una preoccupante passione per le armi ma in fondo non faceva male a nessuno.
Adesso non voglio dire: le situazioni sono sempre facili da capire, dopo.
Ma se ci sono criticità anche in contesti apparentemente normali, si deve poter intervenire in senso preventivo senza farsi fuorviare dalla logica dell' "In fondo non disturba nessuno": se uno colleziona armi, se pubblica su Youtube video con propositi omicidi-suicidi, se legge biografie di criminali nazisti, vuol dire che prima o poi, forse, il danno lo farà, per cui è meglio darsi una mossa prima per non stare a piangere decine di morti dopo
Avviene per lo più in America, ma non si escludono altre localizzazioni, di solito in posti ad elevato tenore di vita.
C'è un ragazzo che si ripresenta armato come Rambo presso la scuola ove aveva studiato e apre il fuoco su qualunque oggetto animato; alla fine, di solito, si suicida.
Gratta gratta scopri che: c'è spesso alle spalle una famiglia che non comunica; il ragazzo è silenzioso ma in qualche momento della sua vita aveva manifestato idee vagamente nazistoidi; c'era stata qualche manifestazione paranoica ma tutti avevano abbozzato, perché era sì un po' strano, ma in fondo era un bravo ragazzo che non rompeva le balle a nessuno.
Ecco il punto: da sempre, si valuta la necessità di intervenire in senso preventivo solo sulla base di quanto uno rompe. Se se ne sta zitto, se si cova le proprie paranoie per conto suo, le probabilità che venga lasciato stare aumentano vertiginosamente: sono tempi difficili, perché cacciarsela per uno un po' strano ma fondamentalmente tranquillo quando ci sono a spasso decine di rompicoglioni che dobbiamo tenere a bada?
Non vorrei fare psicologia spicciola, ma prendiamo i serial killer, che non c'entrano in assoluto con gli ex studenti, ma che proprio a posto non sono: gente come Ted Bundy o John Wayne Gacy si sono sempre proposti come dei bravi ragazzi un po' sfigati o i classici tontoloni della porta accanto. Se si legge un libro profondamente irritante come "Un estraneo al mio fianco" di Ann Rule (un'amica di Ted Bundy che si rifiutò di riconoscere la realtà anche durante il processo), ci si rende conto del fatto che, se uno fa la parte del bravo ragazzo che non urla e non fa il matto, si può veramente fare di tutto pur di non veder la realtà. Comunque, stiamo tranquilli: nella maggior parte dei casi, dopo, salta sempre fuori qualche solone che ci dice che il ragazzo manifestava una preoccupante passione per le armi ma in fondo non faceva male a nessuno.
Adesso non voglio dire: le situazioni sono sempre facili da capire, dopo.
Ma se ci sono criticità anche in contesti apparentemente normali, si deve poter intervenire in senso preventivo senza farsi fuorviare dalla logica dell' "In fondo non disturba nessuno": se uno colleziona armi, se pubblica su Youtube video con propositi omicidi-suicidi, se legge biografie di criminali nazisti, vuol dire che prima o poi, forse, il danno lo farà, per cui è meglio darsi una mossa prima per non stare a piangere decine di morti dopo
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