Ferrara sembra quasi scusarsi di esistere, in una grigia mattina d'inizio primavera.
Giro per le strade ancora assonnate mentre aspetto Matteo. La città è ingannevole: sembra molto bella, ma poi ti accorgi che il suo alfa e il suo omega si collocano fra la Cattedrale ed il castello. Poi ci sono alcune viuzze antiche, con il colore rosso dei mattoni che domina e ci riscatta dal grigio plumbeo del cielo.
Cos'è Ferrara? E' un equivoco, un qualcosa che non c'è come la mitica Brigadoon, il paese scozzese che compare solo un giorno all'anno.
Quando chiedete a un ferrarese se la sua citta' sia in Emilia o in Romagna, egli vi guarda imbarazzato senza sapere cosa rispondere, o tutt'al più trincerandosi dietro ad un generico: "E' terra di confine", che vuol dire tutto e niente, ma è un sistema comodo per non rispondere, per negare una definizione.
Girando per la cittadina si arriva al ponte sul Po di Volano, uno dei rami del grande Delta; non è - come ci si potrebbe aspettare allorquando si parla di rapporto fra acqua e città - una collocazione centrale: è invece piuttosto periferica, come se il Grande Fiume non appartenesse ai ferraresi che se ne sentono imbarazzati.
I negozi al mattino faticano ad aprire; per un milanese è un'esperienza scioccante girare alle 9.30 e trovare le serrande ancora abbassate. Per le strade ci sono poche persone e qualche bicicletta. Arrivo nella piazza e mi fermo ad un bar; mi siedo ad un tavolino e apro il Corriere e, guardando le persone che passano accanto a me, mi sento osservato. So che ci sono due grandi occhi neri, scuri, fondi come la notte e sormontati da due sopracciglia dritte ed affusolate, che li rendono enigmatici, misteriosi. E' Micol? Ma non era bionda? Possibile che mi stia sbagliando? Non riesco a capire, vorrei vedere meglio ma ho paura che questi due grandi occhi un po' tristi scompaiano, invece di guardarmi con comprensione quasi sovrumana e, allo stesso tempo, con aria vagamente canzonatoria come stanno facendo.
Le edicole della piazza espongono le prime pagine dei giornali; mi colpisce che le testate locali non tengano in nessuna considerazione le principali notizie nazionali ed internazionali, ma siano prodighe di dettagli sulla morte improvvisa e naturale di un imprenditore locale. Appare dal bar una ragazza molto carina e gentile che prende la mia ordinazione e, di sua iniziativa, mi porta in più un assaggio di "tenerina", la torta soffice di cioccolato che è il vanto di Ferrara (assieme, ovviamente, alla salama da sugo e ai cappellacci di zucca). Gradisco l'omaggio e mi concentro sul dolce, cercando di dimenticare quegli strani occhi che mi stanno seguendo in questa città un po' triste e sonnolenta.
Mi alzo dal tavolino, il Corriere sottobraccio. Mi allungo la strada in Piazza Trento e Trieste, dove stanno allestendo il mercato. Un bancarella vende libri usati e prendo distrattamente in mano il "Vangelo secondo Gesù Cristo" di José Saramago; l'avevo già letto, però è un pretesto come un altro per guardarmi in giro senza farmi notare. Uno sguardo furtivo: gli occhi di Micol - ma sarà proprio lei? - spuntano da dietro la statua di Gerolamo Savonarola che lancia il suo anatema al cielo.
Faccio finta di nulla mentre cammino per le viuzze. Vorrei scantonare questi occhi - Micol, o chiunque sia - ma non ce la faccio e in fondo forse nemmeno voglio. La città si sta lentamente animando: i ferraresi e i turisti si riversano per le strade e si mettono fra me e gli occhi.
Suona il cellulare: è Matteo che sta arrivando e mi notifica la sua posizione.
Mi volto, malinconico, con la sensazione di aver perso qualcosa: Micol non c'è più
Io c'ero, ma non m'hai saputa vedere.
RispondiEliminaIo sono dentro di te, fuori di te, accanto a te, ti guardo, ti penso, ti dimentico e ti ricordo.
Sono il ricordo del tuo passato, la forza del tuo presente, la promessa del futuro che vorresti.
I miei occhi ti parlano, ti ossessionano: il loro potere su di te è qualcosa di cui sono consapevole anch'io, che una volta abbassavo lo sguardo davanti a te e adesso, invece, lo sostengo perché so di avere il tuo cuore.
Io sono Micol, ma sono anche tutte le donne del mondo, quelle che hai amato e quelle che ti sono passate accanto, senza che te ne accorgessi.
Io sono Micol perché stamattina eri a Ferrara; se fossi stato a Siena, ci avresti trovato Pia de' Tolomei (quella che "Siena mi fe', disfecemi Maremma"); a Orlèans sono Jeanne mentre in Inghilterra sono Gloriana e Mary Stuart.
I miei occhi non ti lasciano mai un istante, e tu ti svegli la notte sudato perché sai che ti penso..
Io sono Micol Finzi Contini e sono l'anima di Ferrara.
RispondiEliminaTi sei sbagliato, perché io sono bionda, diafana e ho gli occhi grigio-azzurri.
Ti sei sbagliato perché non ti seguivo, non ti cercavo.
Hai creduto di vedermi, ma era una proiezione della tua mente, un pensiero, un'illusione.
Quante volte ti sei sbagliato nella tua vita?
Quante ti sbaglierai ancora?
Io sono l'immagine delle donne di cui ti sei innamorato, ma che non ti ricambieranno mai
Non è vero: entrambe ti hanno mentito, come le donne di cui si era innamorato il poeta E.T.A. Hoffmann. Ma erano donne che non esistevano, se non nella mente del poeta che le ha generate come simboli, come momenti da fissare per un istante, prima di morirne.
RispondiEliminaDalle ceneri del tuo cuore riscalda la tua mente!
Nella serenità sorridi al tuo dolore!
L'ispirazione porterà conforto alla tua sofferenza!
Si diventa grandi solo attraverso l'Amore
e più grandi ancora passando attraverso il pianto!..