domenica 4 aprile 2010

Freaks


Preso come sono dalla necessità di raccontare altre storie come quelle che avete letto di recente, non ho fatto intempo a parlare di un argomento che mi riporta al primo motivo per cui ho aperto questo blog, e cioè raccontare le occasioni in cui l'essere umano dà il peggio di sé. Questa volta l'occasione mi è fornita dalla trasmissione “Lo show dei records” - o qualcosa del genere – in cui esseri umani che per lo più si collocano nella categoria dei “casi quasi umani” (il conio dell'espressione, come ricorderete, è di Gianluca Nicoletti) si espongono all'incanto collettivo o al pubblico ludibrio: tanto, come sappiamo, il territorio di confine fra i due aspetti è molto limitato.

Quest'anno è cambiata la conduttrice: siamo passati dalla burrosa e smancerosa Barbara D'Urso, alla più atletica Paola Perego la quale, logicamente, ha voluto segnare il proprio passaggio con qualcosa che lo rendesse immediatamente identificabile. Quale migliore occasione poteva esserci che la necessità di sostituire Ping Ping, noto come l'uomo più piccolo del mondo e precocemente deceduto (a soli 21 anni) proprio alla vigilia della registrazione della trasmissione? E infatti, come in ogni circo che si rispetti, l'uomo più piccolo del mondo è stato sostituito non da uno, ma da ben due altri piccoletti: una ragazza indiana, presentata in mezzo ad una parata di bambole di lei appena più grandi; e un altro adolescente forse nepalese – non ricordo con esattezza, poco conta – anche lui trattato come la ragazza e come già Ping Ping come un bambolotto o come un mostro da baraccone, come succedeva nei serragli del XIX secolo in cui il banditore armato di frusta chiamava la gente incuriosita ed impaurita al grido di “Venghino siore e siori!”.

C'erano tutti nel serraglio, non ne mancava nessuno: l'uomo più forte del mondo, la donna barbuta, la donna cannone, l'uomo più piccolo del mondo, il contorsionista: tutta una parata di infelici, immortalati prima dal celebre “Freaks” di Tod Browning e poi, con molta più tenerezza, da “La donna cannone”, di Francesco De Gregori.

È buffo considerare che da allora siano passati oltre cento anni, un secolo in cui è successo di tutto – dal Titanic alla missione nello spazio, dalla televisione alla globalizzazione, dalla macchina a vapore allo Shuttle – e l'uomo è ancora fermo al primitivo stupore e forse al terrore di fronte alla deformità, alla corruzione del corpo del proprio simile che viene discriminato, maltrattato, esposto al pubblico incanto o ludibrio, in fondo non c'è molta differenza. E se Barbara D'Urso trattava come un mentecatto un ragazzo di vent'anni con le proprie ovvie pulsioni (non a caso era attratto come una falena dalle prosperose tette della conduttrice), non diversamente Paola Perego veste e tratta come una pigotta una povera ragazza indiana dai lineamenti delicati e dal destino tragicamente segnato, come tutti coloro che sono affetti dallo stesso problema. E in ciò, in quest'atteggiamento da tenutario di un caravanserraglio dell'Ottocento, c'è la risposta ad un'esigenza fondamentale dell'essere umano, quella di provare orrore di fronte ai diversi. Perché in questo ribrezzo c'è, implicito ma ovvio, l'orgoglio anche del più sfortunato e malmesso di noi di essere comunque migliore di fronte a questi campionari di un'umanità non riuscita.

Discriminazione?

O – ben più inquietante – naturale pulsione dell'essere umano?

Non voglio a tutti i costi fornire una chiave di lettura, perché temo che mi porterebbe ad una pericolosa comprensione di momenti nerissimi della storia dell'umanità e preferisco quindi passare oltre.

Buona Pasqua a tutti

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