lunedì 31 agosto 2009

I grandi Papi del Secolo

Lo confesso: non sono un lettore di “Repubblica”; e così mi ero perso le famose dieci domande cui il premier si rifiuta di rispondere.

Solo ieri ho scoperto che le domande pubblicate dal quotidiano non riguardano come si potrebbe pensare, data la nota serietà della testata, la politica economica del governo, le politiche in materia di immigrazione, i rapporti con l'opposizione, la riforma della costituzione o il federalismo fiscale. No, le domande si avvitano tutte intorno alle ormai famose curve di Noemi Letizia, diciottenne partenopea di belle sembianze nota ai più perché chiama Berlusconi con l'appellativo “Papi” e perché è stato l'argomento elettorale più interessante messo in campo da Dario Franceschini, PD e compagni nel corso delle recenti europee.

Ora, parrebbe che Papi si rifiuti di rispondere a questi quesiti; ed è strano, in fondo, perché le domande, che sembrano scritte a quattro mani da Bob Woodward e Carl Bernstein in persona, sono un piccolo gioiello di giornalismo.

Prendiamo la numero 5: “Quando ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia?”.

È logico che di fronte ad un quesito così ficcante e ricco di eloquenza, il Berlusca si senta spaesato, smarrito e messo in un angolo. Si capisce perché non può rispondere: per molto meno – una fellatio, per capirci – Bill Clinton a momenti perse la Presidenza degli Stati Uniti.

La numero 6 entra maggiormente nel vivo del problema: “Quante volte ha avuto modo di incontrare Noemi e dove?”. Roba forte, insomma: per l'impegno civile e la ricca documentazione che la sostiene, una domanda così violenta sembra uscita direttamente dalla penna di Marco Travaglio.

La numero 7 ha un tono paternalistico che qualche critico ad oltranza potrebbe imputare a socialismo umanitario tardo-ottocentesco: “Lei si occupa di Noemi e del suo futuro e sostiene economicamente la sua famiglia?”. Probabilmente Giuseppe D'Avanzo, autore di questa requisitoria meritevole di un Pulitzer, si riconosce nella corrente culturale che rese famoso Edmondo De Amicis.

A me personalmente, però, piace molto la 10: “Sua moglie [Veronica Lario, ndr] dice che non sta bene e che andrebbe aiutato. Quali sono le sue condizioni di salute?”. La questione, che fa riferimento alla nota satiriasi del premier, è suffragata da un parere autorevolissimo di un geriatra che scrive nientemeno che su “Novella 2000” del 9 maggio. In cui si parla di degenerazione psicopatologica di tratti narcisistici della personalità. Una nota bibliografica con i controcazzi, se mi si perdona il francesismo: solo un giornalista di quella sinistra che da sempre è appaltatrice della cultura prima che – più recentemente – della morale, poteva far riferimento a “Novella 2000” per avvalorare le proprie argomentazioni medico-scientifiche.

D'Avanzo tiene meticolosamente acceso e funzionante un timer in cui conta giorni, ore, minuti e secondi trascorsi senza risposta da parte di Papi. In attesa che il Premier lo degni di quella considerazione che in cuor suo sente di meritare, egli ha perfezionato il suo meccanismo inquisitorio con dieci nuovi quesiti. Fra questi, tutti di altissimo profilo morale, citerei il numero 4: “Lei si è intrattenuto con una prostituta la notte del 4 novembre 2008 e sono decine le squillo, secondo le indagini, condotte nelle sue residenze. Sapeva fossero prostitute?”. A parte la sintassi non di primissima lana (ma non sottilizziamo), probabilmente in questo caso la domanda mira a chiarire se il Berlusca le puttane le paga come tutti, oppure se gli si concedono gratuitamente. Questo privilegio, sogno di ogni uomo e spesso tradotto in film di successo (pensiamo, per esempio, a “Irma la dolce” con la grandissima Shirley McLaine), farebbe morire d'invidia il giornalista che, evidentemente, non vanta sulle mercenarie lo stesso ascendente di Papi.

Ora, ad uso e consumo di Giuseppe D'Avanzo, Ezio Mauro, Marco Travaglio e di tutti gli altri lucidi commentatori di quell'area politica erettasi (ancora una volta, hony soit qui mal y pense) a baluardo della moralità altrui e giammai della propria, ricorderemo che quando nel 1948 Palmiro Togliatti cadeva sotto i colpi di Antonio Pallante, trovavasi casualmente a braccetto della compagna Nilde Jotti. La quale Nilde non era, come molti pensano, la moglie (che invece si chiamava Rita Montagnana), bensì da almeno due anni l'amante di 27 anni più giovane che, grazie all'intercessione del Migliore, proprio dal 1946 aveva intrapreso quella brillante carriera politica che poi l'avrebbe portata sullo scranno più alto di Montecitorio per un tempo infinito.

Insomma, una roba da Papi.

Ora, potrei sbagliare ma nessuno ha mai fatto le pulci al Migliore se, di fronte al fascino della carne fresca, trascurò la Camera dei Deputati per la camera da letto: dopotutto, i due condividevano oltre ai banali piaceri della carne, quell'Idea che poteva tacere ogni pettegolezzo.

È vero: oggi l'Idea non esiste più e il mondo in cui viviamo è assai più grigio e prosaico, ma quello della grande Nilde è proprio un esempio di fulgida e preclara carriera politica costruita sul sapiente uso di una risorsa anatomica cui molti uomini sono sensibili. E tuttavia nessuno mi toglie dalla testa che Togliatti sia stato molto fortunato a non vivere nei nostri tempi, altrimenti anch'egli si sarebbe trovato di fronte un Travaglio col ditino alzato, o un D'Avanzo che gli avrebbe fatto dieci domande.

Chissà. Magari gli avrebbe anche risposto.

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