mercoledì 14 luglio 2010

Come un ponte sulle acque agitate


Oggi Luigia - che poi sarebbe LA di un mio vecchio post - ha lasciato il reparto dopo qualche mese di degenza.
Stamattina sono arrivato molto presto in ospedale.
Dopo un rapido caffè alla buvette sono andato in auditorium a presentare le mie idee su un argomento di chirurgia del trauma, e cioè la Damage Control Surgery, la chirurgia di controllo del danno, quella che io considero un ponte sulle acque agitate, qualcosa che ho usato su molti pazienti e anche su Luigia.
Poi, prima di andare in sala, sono passato a salutarla.
E' piccola di statura, Luigia, come le sue belle figlie; ma è un donnino d'acciaio, ed è passata attraverso tante sventure che avrebbero ucciso uomini molti più grossi e robusti di lei. Lei era lì nel suo letto C, nella stanza 14 che l'ha ospitata da fine maggio, quando è tornata giù dalla Terapia Intensiva dove tutti, medici e infermieri, l'hanno coccolata e amata. L'ho guardata, le ho preso la mano, l'ho baciata ed abbracciata, lei m'ha guardato con quel suo sguardo così severo e un accenno di sorriso e poi m'ha detto una sola parola: "Grazie".
Ho rivisto tutta la storia che ho condiviso con questa splendida donna, da quella domenica 28 febbraio che ci siamo incontrati sino ad oggi.
Le corse in sala rossa a cercare di capire da dove stia uscendo la sua vita, con Marcello Vadalà che nel mio ricordo riassume in sé tutti gli infermieri del nostro grandissimo PS.
Le ore di angoscia in sala operatoria, con il sangue che allaga tutto e che non vuole restare nelle sue vene aperte.
La voce petulante - ma che mi sembra più forte di quella della Callas e più bella di quella della Tebaldi - di Stefania Brusa che ci chiama alla vita e ci tiene uniti nella corsa pazza contro la morte e il silenzio di Jana Balazova, che invece fa tutto senza parlare.
Martin D'Elia che è un razzo nell'allestire la sala con Cristina Badaracco.
Guido Giusti che mi dice "Fanculo al rene, cavaglielo" mentre ho un attimo d'indecisione perché non riesco a riparare quella maledetta vena stracciata, e Alessandra Melis preoccupata.
Stefania Cantoni che la tiene viva durante la notte e Laura Rocchi che per prima la vede sveglia, vigile e comincia a credere alla sua sopravvivenza.
E poi: le complicazioni, gli innumerevoli interventi (persino uno di notte in Rianimazione per emorragia, perché la sala operatoria è occupata, e la opero lì al suo letto come si faceva una volta), Fabio Baticci che mi dice di tener duro anche nei momenti in cui lo sconforto sembra sopraffarmi, la VAC cambiata ogni giorno, la fistola tracheo-esofagea e Luigia che mi sussurra in un grido afono: "Basta", e io che vorrei accontentarla e lasciarla andare ma ancora una volta Fabio e Vittorio Gavazzeni mi si mettono di traverso e mi obbligano a tener duro, insistere, perché la Vita deve sempre vincere, nonostante tutto.

Oggi guardo questo donnino d'acciaio che ha vinto la sua personalissima battaglia per la vita e mi metto a piangere senza particolare ritegno mentre la tengo per mano.
Ci guardiamo: sappiamo che le nostre rispettive vite in qualche modo sono rimaste segnate da un incontro casuale (e casuale lo fu davvero: quel 28 febbraio non dovevo essere io il Capoturno) che ha portato le nostre orbite a contatto, per un momento nell'eternità dell'Universo.
Ci rivedremo ancora: la partita non è conclusa e c'è ancora molta strada da fare.
Ma Luigia mi sorride serena perché sa che, quando ci saranno lacrime nei suoi occhi, sarò ancora pronto ad asciugargliele.
Come un ponte sulle acque agitate io mi stenderò


2 commenti:

  1. ....mi hai fatta commuovere, tanto!
    Susy

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  2. Buongiorno a tutti,
    sono una delle figlie di Luigia.
    Mamma sta bene ed ha cominciato la riabilitazione nella nuova struttura.
    Siamo felici di questo nuovo passo verso casa che ha fatto mamma...ma è stata dura lasciarvi.
    Ricordo Marcello che è stato il primo con cui ho parlato appena arrivata in PS e che mi delicatamente guidato nel mio momento di shock più profondo in cui mi sentivo persa. Ricordo le facce di tutti quelli che quella notte hanno lottato per noi in sala operatoria con determinazione ed amore. Sorrido pensando a tutto il personale della Tig, che con infinita pazienza hanno sopportato noi parenti, sempre spaventati ed un po' agitati ogni volta che aprivamo la porta del reparto e che nonostante tutte le difficoltà non hanno mai smesso di dirci "comunque noi non molliamo e continuiamo a provarci" ed è stato proprio così...non ci avete mollato!!! E poi l'ultimo passo, il mitico reparto di C0, con Susanna (la caposala), infermieri, assistenti, studenti, medici e gli outsider Francesca e Manuela della riabilitazione e la nostra indistruttibile Luisa (che si è inventata di tutto per la stomia di mamma) che hanno coccolato tutti noi e hanno rimesso in piedi "quel piccolo donnino di acciaio".
    I vostri volti ormai fanno parte della nostra storia e so che mamma vi ha lasciato con fatica perchè nelle vostre mani si sentiva sicura.
    So che è facile ringraziare quando le cose vanno bene, ma vi assicuro che anche se mamma non ce l'avesse fatta non avrei mai potuto avere un brutto rcordo di Humanitas perchè avete tutti dato l'anima per noi e per la mamma e quindi mi sento di ripetere le parole che ho detto quella sera del 28 febbraio quando tutti mi dicevano che le speranze erano nulle:"grazie per averci provato fino in fondo" ma soprattutto mi sento di dire GRAZIE PER AVER PERMESSO QUESTO MIRACOLO.

    C rivediamo tra un anno per concludere il cammino di mamma.

    Un grosso abbraccio a tutti
    Paola

    P.S. La bimba di mia sorella è nata il 1 Luglio (3,6 Kg), si chiama Sabrina e stanno tutte e due molto bene.

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