domenica 14 febbraio 2010

I came out of Facebook and I shall return

Chiedo scusa ai miei amici e lettori per la decisione piuttosto impulsiva che ho preso oggi, giorno di San Valentino: ho momentaneamente (non è una decisione definitiva) chiuso il mio account di Facebook.
Perché l'ho fatto? Ci sono tante ragioni, alcune di esse sono molto personali, ma una fra tutte è la seguente: fra gli accessi dal pc e quelli tramite il mio fedele BlackBerry, mi sono accorto che questo giochino mi stava rubando un sacco di tempo e di energie. Ho quindi deciso di sospendere la frequenza con questa pagina geniale - lo è veramente! - e di riprendere a dedicare il mio tempo informatico alle risorse in cui voglio mettere la quota di maggior creatività, vale a dire il mio sito internet d'opera lirica e questo blog.
Avrei dovuto avvisare prima gli amici? Forse sì - in effetti ho avvisato solo una persona - ma poi ho ragionato da chirurgo e ho dato un taglio netto prima di dovermi impegolare in sfilze di "Mi dispiace" o "Ripensaci" o anche (il che forse sarebbe stato peggio per il mio orgoglio) "Fai bene, non se ne poteva più di te" o raggelanti "E chi se ne frega".
E' una decisione indolore? Assolutamente no, anzi, ne sono già moderatamente pentito, ma era l'unico sistema per riprendere il mio tempo, il ritmo della mia vita che - farà sorridere i miei lettori - nel suo lato "libero" (quello cioè esente dalle turnazioni del lavoro e dalle esigenze della famiglia) era ormai cadenzata da questo giochino.
E qui è necessario capirsi un attimo e fare qualche riflessione.

Non conosco Twitter, il social forum concorrente, ma Facebook è un giochino bellissimo. Se non ci credete, provateci; a condizione di avere un bel po' di tempo libero, vi darà soddisfazioni notevoli.
Dopo un periodo snobistico, quando tutti già ci andavano e io ancora no, mi ci sono accostato un po' obtorto collo per cercare il già stra-citato mio ex compagno di Liceo Sandro; è bastato che mettessi il mio nome per ricevere, nel giro di qualche ora, le famose richieste di amicizia che ben conosce ogni utente di questo social forum. A decine.
Ora, moltissime erano - e sono - di persone che lavorano nell'Istituto Clinico Humanitas di Rozzano ove anch'io "faccio il dottore" da oltre un decennio; ma qualche sorpresa di persone che non vedevo da un sacco di tempo c'è stata, ed è il motivo più importante per cui si decide di partecipare ad una vicenda del genere.
L'altro motivo, che non è così importante ma in compenso è quello veramente divertente, è frequentare non solo gli amici, ma soprattutto i semplici conoscenti, quelli che sul lavoro salutiamo distrattamente, e scoprirne tutti i lati che normalmente non appaiono, perché sono coperti dal ruolo che tutti giochiamo nella vita, o perché non se ne ha tempo. Facebook invece ti costringe a metterti in gioco, a condividere i vari aspetti della tua vita: foto, preferenze, ammissioni, odi, lacrime e risate. E' un gioco di ruolo meraviglioso, in cui puoi scegliere di impegnarti poco o tanto, e riceverai a seconda di quello che metti in gioco.
Su Facebook ho stretto rapporti importanti, alcuni addirittura fondamentali, meravigliosi, che hanno segnato la mia vita: non ho nessuna riserva a dirlo e, indipendentemente da come sono finiti alcuni di essi, non ho nessun rimpianto. E se era un po' di tempo che il mio naturale riserbo mi risparmiava approfondite relazioni umane, sia benedetto Facebook che mi ha costretto a rimettermi in gioco. Il termine gioco può implicare come conseguenza vittoria o sconfitta ma poco conta: come diceva De Coubertin, l'importante è partecipare, e ho partecipato con tutto me stesso.
Su Facebook ho linkato praticamente tutti gli articoli di questo blog, facendo conoscere un aspetto di me che è stato gradito da molti miei amici, alcuni dei quali non vedo più perché le circostanze della vita ci hanno allontanati ma che si fanno sentire quando scrivo e che mi hanno detto che aspettano sempre con discreta impazienza un mio nuovo articolo.
Su Facebook ho fatto fatica a respingere decine e decine di inviti ad eventi di cui non m'importava una pera, o catene di sant'Antonio di agghiacciante stupidità; avete fatto caso che ormai nessuno le recapita più tramite la posta elettronica? E' solo perché ormai sono tutte lì, oppure sull'a me per ora (non si può mai dire) sconosciuto Twitter.
Su Facebook mi sono fatto delle risate colossali, ma ho anche condiviso lacrime di disperazione con persone che mi hanno aperto gli abissi più insondabili della loro anima.

Adesso però è necessario un minimo di periodo sabbatico. Il gioco è una meraviglia - ripeto - ma, allo stesso modo di Leland Gaunt, malefico protagonista di "Cose preziose" del solito, inimitabile Stephen King, in cambio di quello che ti dà può anche rubarti l'anima.
E' il momento in cui devo riprendere a riflettere, e riappropriarmi del mio tempo libero e della mia fantasia, e smettere di continuare a guardare se si è accesa la lucina rossa del BlackBerry per segnalarmi l'arrivo di una nuova notifica su "Face".
E' il momento di smettere di guardare in modo compulsivo cos'ha fatto Tizio, Caio o Sempronio, per capire se hanno letto, visto o ascoltato quello che ho messo online.
E' il momento di smettere di pensare se la frase messa online da Pinco Pallo ha il significato che avrebbe letteralmente, oppure quello che vorrei avesse.
Non finisce qui, ovviamente. Lo so.
Parafrasando quello che disse il Generale Douglas MacArthur dopo la ritirata del 1941, "I came out of Facebook and I shall return".
Avrò ancora voglia di questo giochino e di tutto il mondo divertente e un po' alienato che appare sullo screen che, anche in questo momento, ho davanti a me. Avrò ancora voglia di test strampalati, di pescare bigliettini ingannevoli, di aprire cozze, biscottini e salsicce della fortuna. E forse avrò ancora voglia di guardare nelle foto degli altri, come Seymour Parrish, interpretato dal grande Robin Williams, di "One hour photo".
Ecco, se c'è un appunto che si può fare, è che alle volte su Facebook si ha la sensazione di artificiosità, di un voler caricare i toni ed esasperare i contrasti; una specie di gara a chi la spara più grossa. Ma basta un solo scambio di quelli veri ed importanti per ripagarti di tutta la falsità e la finzione che anche lì alligna sovrana.
E in fondo, questo mettersi in gioco, questo cercare nonostante tutti i rischi il rapporto umano importante... è il sale della vita, no?
Au revoir dans Facebook, les enfants

2 commenti:

  1. Bentornato tra i sani di mente, Piè!
    Abbiamo più volte discusso circa l'imbecillità dei social network in generale e di Fb in particolare ma non sono mai riuscito a convincerti.

    L'idea di reincontrare cadaveri della memoria o di fare i conti con coetanei senza problemi tricologici e di massa grassa mi urtica. Peraltro non capendo quali convergenze dialettali possano esserci tra due individui che non si incrociano da quattro o cinque lustri.

    In meno di un anno ti sei convertito al BlackBerry e sei uscito dal networking: la vita sa essere davvero incredibile....

    RispondiElimina
  2. Su questo tema non siamo mai riusciti ad avere le stesse idee.
    Io su FB mi sono divertito, e tanto anche. Come sai, c'ero entrato per ritrovare il mio ex compagno di Liceo. Non ci si vedeva da 4 lustri, è vero; ma le circostanze della vita ti possono allontanare anche senza che necessariamente uno lo voglia; succede, punto e basta.
    Utilizzato in modo agile, per finalità di questo genere, Facebook è un device molto divertente con potenzialità insospettabili.
    Poi però il giochino può prenderti la mano e, analogamente ad altri giochi di ruolo o di società, tu impieghi un sacco del tuo tempo libero a vedere come gli altri reagiscono agli input che tu metti in rete; o viceversa.
    E come se non bastasse il pc, ci si mette anche il BlackBerry a mandarti notifiche con la lucina rossa che si accende in continuo.
    No, così non si poteva continuare; e ho deciso di prendermi una "pausa di riflessione".
    Tu dici che sono rinsavito; io mi sono sentito umanamente arricchito con Facebook, anche se negli ultimi tempi la cosa mi aveva preso la mano. Io mi sono divertito veramente tanto: mi è piaciuto e non riuscirò mai a farti capire quante belle cose si possono scambiare lì dentro.
    A parte tutta la fuffa (e ce n'è veramente tanta, come scrivevo nel mio articolo), ci sono cose bellissime, se le sai scegliere bene.
    Sai, anch'io facevo lo snob e lo scettico blu sino a che non mi ci sono iscritto.
    Ma un gioco è bello sinché dura poco.
    Per me era arrivato il momento di dire basta, di staccare: l'ho capito e l'ho fatto.
    Anche se a malincuore.
    Magari tornerò...

    RispondiElimina