domenica 27 settembre 2009

Annozeru tituli


Sul “Giornale” di oggi il direttore, Vittorio Feltri, prova a lanciare una specie di campagna di disobbedienza civile invitando i lettori a disdire l’abbonamento RAI.
Qual è la ragione? La prima puntata di “Annozero”, la trasmissione del solito Michele Santoro coadiuvato dal solito Marco Travaglio – che pur di apparire in televisione accetta anche di non essere pagato – e dal vignettista satirico Vauro, che avrebbe iniziato in grande stile con le solite puttanate. Uso il condizionale perché non ho visto la trasmissione quindi mi baso solo su quello che leggo sui giornali che consulto su Internet (varie testate dell’una e dell’altra sponda per par condicio), e il termine “puttanate” perché il simpaticissimo conduttore – noto per l’equilibrio con cui propone le sue opinioni e per la correttezza con cui gestisce il contraddittorio – avrebbe invitato e affidato alle cure del parimenti equilibrato Travaglio l’escort Patrizia D’Addario, nota per le orge con il Cavaliere di Hardcore e i suoi ospiti.
Pur condividendo in astratto il pensiero di Feltri che, dalla Televisione di Stato, si aspetta giustamente trasmissioni di ben altro profilo culturale che non – oltre al già citato “Annozero” – “Ballarò”, “Porta a porta”, “X-factor” e “L’isola dei famosi” (tanto per rimanere nello stesso ambito culturale), io penso che abbia torto.
Innanzitutto non si può stimolare la gente a non pagare le tasse – tale è l’abbonamento, anche se chiamarlo così fa fine e non impegna – perché come diceva l’indimenticato Tomaso Padoa Schioppa, ministro delle Finanze dell’ultimo governo Prodi, “pagare le tasse è bello”.
In secondo luogo, l’esistenza di un meraviglioso strumento noto ai più come “telecomando” permette a chiunque non solo di scegliersi il programma preferito, ma anche di scartare di default quei canali che non offrono una programmazione adeguata. Io, per esempio, sapendo di principio che su TeleKabul non troverò mai pane per i miei denti, scarto aprioristicamente RaiTre dai miei palinsesti. A prescindere da ciò, è veramente raro che orienti le mie preferenze sulle reti nazionali Rai, i cui programmi sono di una povertà di contenuti francamente imbarazzante.
Terzo, Berlusconi deve smetterla di preoccuparsi di quello che viene detto contro di lui. L’opposizione ha il diritto di ritagliarsi gli spazi da cui cantare: è il suo compito e, se non lo facesse, sarebbe inaccettabile, innanzitutto agli occhi dei suoi elettori. Ragione per cui, questo continuo tuonare contro i “farabutti”, per di più amplificato dal “Giornale” del partito, non fa altro che ritorcerglisi contro dimostrando al mondo che lui non è diverso da quel D’Alema che fece licenziare Forattini da “Repubblica”.
Infine, la presenza di due trasmissioni come “Annozero” su RaiDue e “Ballarò” su RaiTre taglia la testa al toro sulla cosiddetta “questione bulgara”: semplicemente non esiste. Provate a vedere se in Venezuela, per esempio, l’opposizione ha la possibilità di inscenare contro Chavez teatrini come quelli di Santoro e Travaglio.
Per tutti questi motivi, se potessi farlo, suggerirei al partito di maggioranza di accettare serenamente le campagne mediatiche scatenate dalle trasmissioni della Rai: in uno Stato di diritto chiunque ha diritto di esprimere il proprio dissenso nel modo che ritiene più opportuno, e il fatto che il suo parere venga ospitato sulle reti della televisione di Stato è la miglior dimostrazione che non è vero che Berlusconi mette il naso dappertutto e che ci sono isole di felicità ove il dissenso ha una sua casa.
Santoro, Floris e Travaglio hanno tutto il diritto di fare fronda, così come l’utente ha tutto il diritto di scegliere se vederli oppure no. Non c’è nemmeno bisogno di farsi mettere i sigilli al televisore, come suggerito da Feltri e Belpietro: basta non guardarli e ci penserà l’Auditel a decretare con lo share se le trasmissioni hanno successo oppure no. In fin dei conti, penso che i suddetti personaggi abbiano anche troppo la puzzetta sotto il naso per accettare di vedersela con questi banali strumenti di rilevazione, come se fossero Maria De Filippi con la nuova edizione di “Amici” o Simona Ventura a “X-Factor”. Gli è che il loro ruolo di fustigatori di costumi, di cui essi si sentono investiti quasi per missione divina, si presterebbe meglio alla elitaria carta stampata, piuttosto che a quella televisione che appare troppo volubile e attualmente votata ai casi quasi umani da reality o talent show. Ben l’ha capito, infatti, quello complessivamente più furbo della compagnia, e cioè Marco Travaglio, che non a caso esce anche con almeno quattro libri all’anno, tutti riempiti con le stesse cose ma si sa: repetita juvant, no?

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