giovedì 22 ottobre 2009

In queste tenebre


Ogni tanto salta fuori il "negazionista": solitamente un povero coglione che, per soddisfare il proprio desiderio di apparire, inventa teorie secondo cui l'Olocausto non si sarebbe mai verificato, le camere a gas sarebbero servite per sterilizzare i vestiti, i forni per fare il pane e via elucubrando.
Questa volta è il turno di un fine intellettuale, di nome Antonio Caracciolo, un ricercatore 59enne di filosofia del diritto dell'università La Sapienza di Roma. Quest'ometto, che fisicamente ricorda il ben più celebre Enzo Cannavale - protagonista di celebri film con il parimenti noto Bombolo (ricordiamo fra gli altri "Una vacanza del cactus") - dimostra di essere molto meno divertente del modello, pur se di quello assai più surreale nell'eloquio.
Il Rettore della Facoltà lo ha invitato a farsi una passeggiata a Dachau; l'ometto riferisce di aver già visitato il posto, trovandolo molto più aggraziato di certe cittadine calabresi.
Nell'invitarlo a mia volta a leggere lo splendido "In quelle tenebre" di Gitta Sereny (Ed. Adelphi), esemplare intervista dell'autrice a Franz Stangl, comandante dei campi di Sobibor e Treblinka, esprimo il mio personale rammarico per il fatto che il professore di filosofia non sia nato qualche anno prima, e invece che in questo cazzo di Paese ove ognuno può dire qualunque cosa gli passa per la testa (con buona pace di chi pensa che non ci sia libertà d'opinione), magari proprio in Germania e in epoca assai meno libertaria dell'attuale. In tale contesto, esprimere opinioni a vanvera solo per il gusto di apparire, l'avrebbe portato dritto filato in quegli stessi luoghi di cui nega l'esistenza

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