mercoledì 3 novembre 2010

Il capo di gabinetto

Non so se sia peggio lui o quelli che lo difendono.
Perché è indifendibile, davvero; e sarebbe il caso che ci riflettessero Feltri e Sallusti, invece di continuare ad affossare il mio caro, vecchio Giornale con campagne che tradiscono il pensiero liberale di cui fu l'unico alfiere in una stagione difficile.
E' in una posizione in cui non può né fare, né dire tutto il cazzo che gli passa per la testa. O meglio: lo può anche fare e dire, ma a casa sua e per conto suo, o con i sicofanti suoi abituali ospiti; non pubblicamente di fronte alle telecamere di tutto il mondo. E sia chiaro: non lo dico per fare - come tanti, in questo momento - il finocchio con il culo degli altri.
In questa miserabile farsa che, per i riferimenti al machismo perennemente esibito non come un plusvalore (e poi dicevano di Bossi...), ma come unico attributo possibile per un "vero" uomo e che ai tempi avrebbe potuto essere il plot narrativo di una pellicola con Alvaro Vitali, Bombolo e Cannavale si pone, per il protagonista, una questione di indecenza e di inadeguatezza al ruolo pubblico che ricopre. Lo dico con tristezza, visto che il principale attore di questa farsaccia dovrebbe essere il personaggio che, oltre a governarci, maggiormente ci rappresenta all'estero. E invece, all'estero, in quell'estero in cui una volta l'Italia era soprattutto pizza, mandolini e mafia, vedono adesso come immagine rappresentativa dell'Italia un primo ministro che va a troie, e questo sarebbe il meno, se non fosse che poi ogni professionista contattata dall'insaziabile premier si sente in dovere di scrivere un libro di memorie neanche avesse avuto un'esperienza con Rocco Siffredi; insidia le ragazzine, le paga, le riempie di regali, inventa palle per loro, ci scherza sopra come se nulla fosse; e, in ultimo, per confermare al mondo la potenza della sua generosa virilità, fa battute sui gay, e cara grazia che non ha usato termini come froci, o checche, o culattoni, che forse però in fondo avremmo accolto come una manifestazione di sincerità, perché questo ricorso al forbito eufemismo decisamente non si addice al Berlusca.
Sia chiaro: non me ne importa nulla del risentimento di Vendola, di Grillini, di Cecchi Paone o - chissà - di George Clooney, anche perché in questa squallida corsa al ribasso tutti, nessuno escluso, fanno e faranno abuso di ipocrisia.
In momenti come questi sono costretto a riabilitare la memoria di un vecchio gangster come Bettino Craxi, uno che i cazzi suoi se li faceva alla stragrande e con ben altro stile; per non parlare dei vecchi patriarchi della politica italiana. E senza citare gli Intoccabili, come Andreotti o Forlani - che pure mai si sarebbero sognati uscite o atteggiamenti di questo genere, qualunque sia il giudizio morale che di essi si possa dare - persino Giovanni Goria, politico di modesto profilo della prima repubblica e ormai semidimenticato, al confronto sembra Neville Chamberlain

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