giovedì 4 giugno 2009

Viale del tramonto


Spiace doverlo dire, ma in questa campagna elettorale così miserabile, montata com'è su natiche di fanciulle "Barely legal", sulle erezioni degli ospiti di Villa Certosa immortalate dai paparazzi e sui gorgheggi di Mariano Apicella, trasportato dagli aerei presidenziali, nonostante tutto chi ci fa la figura più patetica è il solito Franceschini. Il quale - poveretto - ad onor del vero, ha fatto quello che ha potuto con le poche carte che aveva in mano. Non ha mai avuto nessuna idea sua, non poteva iniziare adesso; quindi ha ammiccato, ha fatto qualche risatina sprezzante, è andato in metropolitana e sui tram a sentire la gente (uno dei suoi predecessori andava in bicicletta e in pullman) e si è accocolato sull'antiberlusconismo come ci si siede sul cesso: un compito sgradevole ma inevitabile. Non ha fatto altro che accodarsi al carrozzone di quel Barnum che i suoi fondatori hanno voluto chiamare Partito Democratico, portando in dote la stessa puzzetta sotto il naso che aveva - prima di lui - il buon vecchio Romano Prodi, rispetto al quale riesce ad essere anche meno scaltro, mancandogli quel senso da "scarpe grosse e cervello fino" che aveva il pretone di Scandiano.
Gli concedo l'attenuante di essere salito in corsa a raccogliere i cocci di una disfatta umiliante e che non è completamente colpa sua. Gli concedo anche l'attenuante di essere un democristiano che cerca di governare gli eredi del fu PCI, che - su istigazione del loro vero capo, Massimo D'Alema - ancora ritengono di essere i Grandi Predestinati ad una Missione Superiore, e che invece hanno preso una serie di scarpate sul grugno da un brianzolo che ha fatto il grano con televisioni private ed altri affari quanto meno poco chiari (ad essere eufemistici) sui quali, nonostante vari tentativi, non sono riusciti ad inchiodarlo seriamente.
Quello che non gli passo, ovviamente, è di essersi accomodato (è il verbo adatto: Franceschini non si scomoda mai) sul cesso di cui parlavo poco sopra - quello dell'antiberlusconismo fine a se stesso - portando seco a scopo autoerotico le foto di Berlusconi alla festa di compleanno di una lolita diciottenne e chiedendo al premier di "riferirne in Parlamento", pensando così di inchiodarlo alle proprie presunte responsabilità.
Ora non vorrei sembrare particolarmente irrispettoso nei confronti del segretario PD, ma prima che ci si mettesse lui, col suo sorrisino da primo della classe, a cercare di appiccicare al muro Berlusconi ci si erano provati personaggi di ben altro spessore inquisitorio come - per esempio - Di Pietro versione magistrato, che ai tempi si accompagnava a calibri di tutto rispetto come Francesco Saverio Borrelli e Gherardo Colombo, dimostrando al mondo - coi loro risultati inesistenti - che non era quella la strada per fermare il piccolo manager brianzolo.
Sempre lì si torna: l'antiberlusconismo come unico valore di una Sinistra totalmente priva di idee, che ha rinnegato i propri ideali di una volta ma non li ha saputi sostituire; che non sa più cosa farsene di quella classe operaia che una volta era il suo zoccolo duro e cerca di sostituirla con gli immigrati che, peraltro, non li capiscono; che non ha più cose di sinistra da dire, tutta presa com'è a cercare di polverizzare Berlusconi. Ho diversi amici di sinistra che esauriscono il loro "esserci" in questa mission: è l'unico appello cui rispondono "Presente!", senza rendersi conto che solo con una Sinistra forte, aperta, creativa, riformista si ripropone quella democrazia dell'alternanza che è alla base di uno Stato libero.
Domani si vota. Il PD non avrà il mio voto (nemmeno il PDL, però), ma nonostante tutto, auguro a questi quattro guitti squinternati di portare a casa un risultato onorevole, perché farebbe bene a quella democrazia dell'alternanza che sempre nel cuor mi sta. E dopo, di liberarsi dei cessi che arredano i loro uffici e di sostituirli con delle pratiche turche: si puliscono rapidamente e, soprattutto, non fanno venire la tentazione di sedercisi sopra

Nessun commento:

Posta un commento