
C'è da dire però che i tempi sono passati per tutti, anche per i rivoluzionari comunisti, quelli giovani e quelli vecchi.
Rispetto ai loro antecedenti che, quando venivano arrestati, si qualificavano "prigionieri politici", questi ragazzotti si dissociano immediatamente: "Non sono un black bloc - si è affrettato a precisare il coraggioso Pelliccia - e l'estintore l'ho usato per spegnere l'incendio".
La rabbia sociale si spegne nella codardia, nel ruggito del coniglio di fronte alla DIGOS: e basterebbe questo per smentire Valentino Parlato, classe 1931, co-fondatore del "manifesto" e autore di un editoriale imbarazzante persino per i (pochi) compagni che cercano di giustificarlo.
Il vecchio rivoluzionario da scrivania ha affermato che è meglio che ci sia stata la violenza, "segno dell'urgenza di uscire da un presente che è la continuazione di un passato non ripetibile".
Ci sono quasi sessant'anni di anagrafe fra il Pelliccia che - da miserabile vigliacco qual'è - rinnega l'urgenza di uscire dal presente e che lo ha indotto a brandire l'estintore, e questo patetico vecchietto che crede di essere ancora nella Russia zarista del 1917; e il passato, anziché non ripetibile, sembra essersi cristallizzato - solo per lui e per qualche sfigato - in una sorta di specchio che restituisce al rivoluzionario fallito, che ha visto crollare pateticamente il proprio Ideale, l'immagine distorta di un mondo che esiste solo nella propria mente e in quella dei quattro rincoglioniti che ancora gli credono
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