venerdì 23 settembre 2011

Condivisione

Al telegiornale di oggi, Mark Zuckerberg inventore di Facebook ha presentato la nuova versione del suo divertente social forum. Questa release permetterà di entrare ancora più in comunicazione con il mondo di cui fai parte, condividere con gli altri tutti i contenuti sino a fare della tua vita una specie di sito internet cui gli altri abbiano accesso.
Io ascolto incuriosito: anch'io per un po' ho praticato Facebook (adesso è il turno di Giacomo) e non escludo prima o poi di tornarci. 
Sembra tutto molto bello, ma c'è qualcosa che mi sfugge e non riesco a capire esattamente di cosa si tratta.
E' Cristina a inquadrare perfettamente il problema:
"Com'è possibile: da una parte tutta quest'ansia di condivisione, dal'altra tutte le amicizie e i rapporti affettivi che vanno a farsi fottere?".
Quando si dice la saggezza femminile...

C'è in effetti qualcosa di ambiguo e quasi schizofrenico in questa vera e propria corsa alla condivisione virtuale.
Non viviamo in un momento che ricorderemo per la generosità, per l'estensione dei propri contenuti agli altri.
Tendiamo trionfalmente a farci i cavoli nostri: usciamo dal lavoro e ci chiudiamo nelle nostre case e guai a chi invade la nostra privacy. Quella fisica, ovviamente, perché sul social forum è tutta un'altra storia: lì è tutto un profluvio di foto, di "sto facendo questo", "ufficialmente fidanzato", "tornato single" e altre amenità che, normalmente, non partecipiamo al nostro prossimo.
Cosa ci spinge? Difficile da spiegare, tenuto conto che non è un nostro comportamento abituale nella vita di tutti i giorni. Anzi...

Ormai è circa un anno che ho chiuso i ponti con Facebook. Ogni tanto sento la nostalgia e la curiosità di rivedere come vanno le cose e ci butto il naso, solo per rendermi conto che nulla sembra essere cambiato: la sera si condivide virtualmente con le stesse persone la vita che durante il giorno hai condiviso fisicamente.
Sembra sciocco? Mica tanto: ci sono 800 milioni di utenti che lo fanno in tutto il mondo. Qualcuno in modo anche compulsivo, tanto da identificare una vera e propria patologia da condivisione, la "Friendship addiction" che ha indotto il Policlinico Gemelli a aprire un ambulatorio specifico dedicato.





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