venerdì 8 ottobre 2010

Ces gens-là

Quelli che pensano che - in fondo - lo zio Michele abbia fatto bene a dare una lezione alla nipote che non gliela voleva mollare, che così le ha fatto vedere chi è l'uomo, quello vero, quello che comanda.
Quelli che applaudono sempre le bare, anche quelle delle ragazze morte troppo presto per aver detto un no di troppo, perché in fondo resistere agli stupratori di cadaveri è pur sempre un bel modo di morire.
Quelli che aprono su Facebook i fans club per Michele Misseri, perché "la mocciosa ha avuto quello che meritava".
Quelli che considerano la donna un oggetto da possedere, brutalizzare, coprire completamente con tendaggi e telerie assortite, confinare in un'altra camera perché indegna di stare a tavola con l'essere umano di sesso maschile.
Quelli che definiscono "un'altra civiltà con dignità e storia pari alla nostra" quella che insegna ad ammazzare a sassate o bastonate la donna che non accetta di sposare un uomo scelto dal padre e dal fratello, o che la fa morire di dolori se in ospedale non c'è un medico donna (che spesso peraltro non c'è, perché in certi paesi la donna è considerata indegna di studiare, e si mettono bombe di fronte alle scuole elementari femminili).
Quelli che affermano che la pena di morte svilisce l'uomo che la commina, che la pena deve essere educativa più per il detentore che per il detenuto, perché dobbiamo sempre recuperare l'umanità del colpevole, ma nessuno sa spiegare dove sia l'umanità in un troglodita che prima strangola alle spalle una quindicenne e poi, dopo morta, finalmente se la può scopare in tutta tranquillità; ottenendo così, tra l'altro, il biglietto quasi sicuro per la semi-infermità mentale.
Quelli che pensano che la forca o il muro non siano fini: molto meglio, caso mai, buttare il troglodita in mezzo ai carcerati duri e incalliti, che ci pensano loro con il loro "codice d'onore" a ripassargli prima il buco del culo, poi le carotidi, così nessun benpensante si sporca le mani, il tutto detto ovviamente con aria molto seria e compunta.
Quelli che brandiranno il microfono in faccia alla madre di una ragazza di quindici anni prima ammazzata e poi stuprata da un troglodita in calore, e le chiederanno: "Cosa vorrebbe dire all'assassino di sua figlia?" oppure, meglio ancora: "Pensa di riuscire a perdonare l'assassino di sua figlia?".
Quelli che - già da adesso - cercano il loro momento di gloria facendosi intervistare in lacrime, dicendoci che loro l'avevano sempre saputo, oppure almeno mostrando gli avambracci muscolosi dietro alla cronista del telegiornale, salutando gli amici del bar e urlando "Viva Sarah!".
Quelli che cercheranno di scaricare la responsabilità sulla nostra coscienza narcisista, corrotta da spettacoli televisivi che ci rimandano una società annegata nell'edonismo, nell'egoismo e nella facile rappresentazione dei casi quasi umani.

Quelli che ancora non ho mandato a fare in culo, perché non me li ricordo, perché sono troppo infimi e particolarmente indegni della mia memoria, o solo perché sono troppo stanco e affranto.
Quelli.
Sì, anche quelli

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