Il laboratorio di responsabilità sanitaria è un progetto nato dall'intuizione di un grande professionista della Medicina Legale, il mio amico Umberto Genovese, Ricercatore dell'Università degli Studi di Milano e pilastro della Sezione di Medicina Legale. Scopo dell'iniziativa è fare chiarezza nel casino apocalittico in cui sono piombate tutte le vicende sanitarie sub specie iuris, grazie ad una migliore coscienza del cittadino e per colpa di una serie di figure che su queste vicende ci campano, in primis giornalisti e avvocati.
Cito dal sito del Laboratorio di Responsabilità Sanitaria:
La consulenza di medicina legale fornisce un supporto tecnico ai singoli, ma anche ai diversi servizi sanitari, in questo caso in grado di interfacciarsi con soggetti esterni (Assicurazioni, Magistratura, cittadini) e con le figure professionali interne a questi, al fine, anche, della gestione del rischio clinico.
Un'efficace attività di prevenzione, mediante una appropriata gestione del rischio ed una educazione del personale sanitario consente di trasferire all'assicuratore soltanto la copertura degli eventi straordinari così da condurre alla riduzione dei sinistri e, di conseguenza, al contenimento del costo della copertura assicurativa. Quest'ultima peraltro sempre più di frequente limitata a quelle strutture che garantiscono una tutela interna di controllo e monitoraggio del rischio clinico.
Si è d'altra parte convinti che l’esigenza della adeguata informazione risulti una priorità non solo del paziente, ma anche di chi, appunto, in concreto se ne prende cura, e che non infrequentemente si sente condizionato nelle sue scelte diagnostiche e terapeutiche più dal timore di incorrere in “guai” giudiziari, che dal perseguire ciò che “scienza e coscienza” gli consiglierebbero.
Quest'ultimo in particolare non è un problema banale: nonostante la Magistratura consideri sempre più l'omissione come un elemento di colpa tanto quanto un errore, non sono pochi i miei colleghi che fanno sempre più ricorso, nell'esercizio della loro professione, all'espressione icastica: "Pararsi il culo", ormai praticamente un paradigma di vita, nel cui contesto entrano i più disparati atteggiamenti, che vanno dall'astensione a pratiche minimali che evitino la sovraesposizione dell'operatore
Ieri si è tenuto a Milano, presso l'Aula Magna dell'Università, un convegno molto interessante presieduto da Umberto e con la partecipazione di diverse autorità e di addetti ai lavori. L'argomento era: La Sanità Italiana ha ancora "buoni numeri", e il titolo giunge a proposito dopo che mercoledì la stampa e i telegiornali avevano diffuso l'ennesima fatwa sulla cosiddetta malasanità, tirando fuori numeri che, messi in quel contesto, non avevano nessun senso se non, ovviamente, quello di tenere alta la tensione dei cittadini nei confronti di chi si dovrebbe prendere cura della loro salute.
Le cifre diffuse dai telegiornali sono, come al solito, urlate a pieni polmoni: la Commissione parlamentare sugli errori sanitari presieduta da Leoluca Orlando ha rilevato nell'ultimo anno 242 vittime per malpractice, di cui 163 morti, e la maggioranza in Calabria e Sicilia. Generalizzando ancora di più, in Italia c'è, secondo la Commissione parlamentare, una vittima ogni 3 giorni
A beneficio di chi non fosse informato in materia, è utile premettere che:
- nessuno spiega questi 242 vittime in che rapporto numerico siano rispetto al numero complessivo di persone a vario titolo curate in un anno
- nessuno spiega se questi 242 vittime siano stati effettivamente riconosciute tali in conseguenza (quindi, con dimostrato nesso causale) di una malpractice, o se vi sia solo supposizione di dolo, perché questo cambia tutto: ci vogliono anni di istruttoria per dimostrare un nesso di causa fra una presunta malpractice e il decesso di un paziente, e questa dimostrazione nell'80% dei casi viene negata in fase processuale o pre-processuale
- siccome la rilevazione di questi numeri arriva a Settembre di quest'anno, il primo inevitabile rilievo è che il compilatore di questa lista ha messo nel calderone tutto ciò che ha trovato come in una ricerca con Google, senza curarsi di accertare l'esatta natura di quello che ha trovato
Ma facciamo finta, per un momento, di credere alla buonafede di chi ha dato in pasta alla stampa questi dati; e proviamo, giusto per amore di conversazione, a paragonarli a dati sicuramente raccolti con ben altra serietà da un'Istituzione seria e abituata a dirimere gli errori medici, essendo consulente del Tribunale.
La Sezione di Medicina Legale del Dipartimento di Morfologia dell'Università degli Studi di Milano - quindi un osservatorio di tutto rispetto, almeno per una realtà come quella italiana, visto che raccoglie tutti i dati di Milano e provincia - ha riesaminato 14177 autopsie effettuate dal 1996 al 2009.
Di queste, 317 sono quelle effettuate in 13 anni per sospetta - sottolineo il termine sospetta - malpractice. Questo comporta, come risultato del calcolo bruto, meno di 2 persone al mese vittime di sospetta malpractice. Si ribadisce il "sospetta": di queste 2 persone è ancora tutto da accertare il nesso di causa con una reale malpractice.
Come ognuno può vedere, i calcoli lombardi portano a conseguenze molto diverse.
Certo - si obbietterà - la sanità milanese è ben diversa da quella di Cosenza o di Messina. Verissimo. Ma è ora di finirla di generalizzare, perché è necessario una volta per tutte arrivare a una redefinizione e rinegoziazione del rapporto fra medici e - dall'altra parte - pazienti, parenti, avvocati e giornalisti.
E qui è necessario un piccolo inciso.
Alla tavola rotonda era presente anche tale Enrico Moscoloni, avvocato e Consigliere Segretaio dell'Ordine degli Avvocati di Milano.
Alla domanda di una giornalista: "Ma non vi sembra a voi avvocati di spingere un po' troppo verso le cause sanitarie?", la risposta è stata dapprima un "Dobbiamo far fare qualcosa ai giovani avvocati " e poi: "Noi non facciamo nulla se prima non c'è il parere medico legale".
Palle, avvocato.
Panzane allo stato puro, mi conceda, e non occorre granché per smascherarLa.
Se un utente qualunque fa una ricerca su Google mettendo come termine di ricerca "malasanità", per prima cosa trova una sfilza di servizi in franchising che offrono consulenze per presunti casi di malpractice.
Non occorre molto: dopo che la Cassazione ha stabilito che nelle cause civili di questo specifico ambito l'onere della prova è a carico del medico che subisce la denuncia (follia allo stato puro), basta che un qualunque paziente si senta "parte lesa" (come dice una pubblicità) per mettere in moto il tutto.
L'avvocato, se va bene, si prenderà la sua fetta di torta dal risarcimento che, nelle cause civili, viene riconosciuto al postulante nell'80% dei casi (come si vede, esattamente l'opposto delle cause penali).
Far causa a un medico conviene sempre, questa è la verità.
Ma questo giochino, alla lunga, può produrre dei bei danni terziari.
E infatti, le conseguenze le stiamo cominciando a vedere.
- Una di esse è quella cui facevo riferimento prima: la cosiddetta medicina difensiva: molti medici rifiutano di prendere iniziative eroiche, preferendo demandarle ad altri o negandole tout court al paziente: non è etico, ma si può capire. Oppure, in alternativa, si imbarcano in manovre aggressive solo dopo decine di accertamenti strumentali dai costi spaventosi, che tutelano il medico più che il paziente ma con ricadute mostruose sulla spesa pubblica
- L'altra conseguenza è la carenza di medici che si dedichino all'attività chirurgica. Il numero di iscritti alle scuole di specialità in chirurgia è in crollo verticale, e uno dei motivi è proprio la consapevolezza di tutti i rischi legali che un chirurgo correrà nel corso della sua vita professionale.
- La terza conseguenza è il costo spaventoso in termini assicurativi, sia per la società che per i singoli: una polizza RC per un chirurgo ha un costo da brivido che, molte volte, un giovane professionista non è in grado di sostenere
- La quarta conseguenza è il mistake semantico. Mancata guarigione o complicanza sono diventati sinonimi di errore, colpa e/o malasanità. Per quanto la sua malattia sia grave, nessun paziente accetta che le cose possano andare in modo diverso da quanto si è prefissato per intima convinzione, perché così ha letto su Internet o perché gli è stato detto dal vicino di casa
- La quinta conseguenza è il blocco del sistema giudiziario, per soddisfare un'utenza fomentata dagli organi di stampa, assetata di sangue e alla ricerca di "giustizia", con il medico che diventa il terminale di tutte le frustrazioni e del male di vivere di chi non ammette che di una malattia si possa anche non guarire
E concludo con una citazione del Prof. Federico Stella, insigne giurista e studioso del problema della Giustizia in un'accezione quasi filosofica:
"Gli studenti [di Giurisprudenza, ndr] vengono così a trovarsi in una situazione davvero singolare: non sanno cos'è la giustizia, ma riescono a riconoscere senza esitazione una situazione di ingiustizia" (F. Stella, La giustizia e le ingiustizie, il Mulino 2006): e non è forse così per ogni campo delle attività di qualunque essere umano?...
"Gli studenti [di Giurisprudenza, ndr] vengono così a trovarsi in una situazione davvero singolare: non sanno cos'è la giustizia, ma riescono a riconoscere senza esitazione una situazione di ingiustizia" (F. Stella, La giustizia e le ingiustizie, il Mulino 2006): e non è forse così per ogni campo delle attività di qualunque essere umano?...
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