In qualsiasi altro posto del mondo, l'arresto di un pericoloso narcotrafficante sarebbe considerato un «lavoro socialmente utile». Questo non accade alle nostre latitudini, dove può capitare che un agente della Squadra mobile di Napoli (quella guidata, fino a pochi giorni fa, da Vittorio Pisani, il superpoliziotto infangato dalle dichiarazioni di un ex tagliagole di camorra e coinvolto in un'inchiesta sui ristoranti dei clan) finisca sotto processo e per di più condannato in Italia per aver pigiato troppo l'acceleratore in Svizzera all'inseguimento di un criminale ricercatissimo nel globo.
Tutto inizia quando Michele Pellegrino, in servizio alla sezione Narcotici partenopea, viene inviato in missione in un Paese del nord Europa per partecipare alla cattura di un imprenditore del commercio di cocaina; uno di quelli considerati davvero pericolosi perché inondano di neve i rioni ghetto di Scampia e Secondigliano, guadagnando cifre da capogiro e facendo la bella vita tra Bogotà, Montecarlo e Nizza. La soffiata che arriva in Questura è precisa e dettagliata. Occorre attivarsi subito. Preparare le carte, avvisare i ministeri competenti, chiedere autorizzazioni e quant'altro. Ma è sera, ormai, e non è più possibile attendere. Il narcos potrebbe uscire dai radar delle «confidenze» della Squadra Mobile. Così lo sbirro Michele Pellegrino, senza pensarci troppo, noleggia con i suoi documenti e con la sua carta di credito un Suv Volvo con il quale comincia la caccia al camorrista. L'operazione sotto copertura - autorizzata dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea e supportata dalla Direzione centrale antidroga di Roma - si conclude con l'arresto del criminale e con il sequestro di 100 chili di droga destinati al mercato italiano. Anziché una medaglia al valore o una promozione per meriti straordinari, ecco l'imprevisto: all'altezza del Cantone dei Grigioni, in Svizzera, il cacciatore di camorristi viene fotografato dagli autovelox perché ha superato di 39 chilometri il limite di velocità (119 km/h invece di 80). Passano due mesi, e a casa dell'agente si presentano i carabinieri con un avviso di garanzia e la convocazione in caserma: la magistratura svizzera ha chiesto, tramite rogatoria internazionale, che il conducente dell'auto che ha turbato la tranquillità del Paese del cioccolato venga identificato e processato (perché nella patria del segreto bancario e dei riciclatori di professione non c'è multa o vigile che tenga, se hai il piede pesante si finisce alla sbarra). Pellegrino cerca di spiegare come può le sue ragioni, ma la legge elvetica sul punto è inflessibile: non c'è differenza tra chi tira l'auto al massimo perché è ubriaco e chi, invece, ha appena partecipato a un blitz antidroga. Bisogna punirlo, punto e basta. D'altronde, gli uffici giudiziari di Como e Milano sanno bene quanto i dirimpettai ci tengano all'osservanza del loro codice della strada: ogni anno sono decine e decine le rogatorie internazionali che atterrano sulle scrivanie dei magistrati lombardi, con tutte le incombenze e i costi del caso a carico dei contribuenti italiani.La Procura di Santa Maria Capua Vetere non può far altro che mettere a disposizione dell'inflessibile Cantone dei Grigioni un pm e tutto l'occorrente - polizia giudiziaria compresa - per interrogare e definire la posizione giudiziaria del poliziotto. Ovviamente, le istituzioni italiane di riferimento non muovono un muscolo per tutelarlo, così dallo stipendio che non è certamente da conto in Svizzera se ne vanno via i primi soldi per ingaggiare l'avvocato e per le carte bollate.Qualche giorno fa, preciso come un orologio svizzero, arriva il decreto di condanna firmato dal giudice d'Oltralpe Claudio Riedi: Michele Pellegrino è condannato a 1.050 euro di multa e a 5 giorni di «lavori socialmente utili» in Svizzera.
Non c'è che dire: viene proprio da pensare a Orson Welles e a quello che disse sugli svizzeri ne "Il terzo uomo":
In Italia, sotto i Borgia, per trent'anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù
Infine: siamo tutti ansiosi di vedere cosa intendano gli svizzeri per "lavori socialmente utili": pascolare le vacche? mungere le caprette che fanno ciao? riparare orologi a cucù?
Ma forse il massimo del socialmente utile in Svizzera è proteggere i cercatori di funghi, come fa il segugio di Bizzarone:
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