Nel mio mondo, diventi responsabile di un settore solo se dimostri coi fatti di dominarne tutti gli aspetti.
Nel mio mondo, nessuno si mette a disquisire di cose che non sa, che non capisce: chiunque ci provasse, verrebbe zittito immediatamente e tacciato di essere un ignorante.
Nel mio mondo, se vuoi convincere qualcuno della bontà dei tuoi ragionamenti, non basta dire che è scritto da qualche parte: devi citare Autore, titolo, rivista e data di pubblicazione.
Nel mio mondo, il rispetto lo guadagni sul campo, con ore e ore di duro lavoro, con sacrificio, con lacrime e sangue, con le poche soddisfazioni cresciute come i fiori cantati da De Andrè nella merda e nel sudore di tutto il sonno perso per l'angoscia.
Il giovane uomo con davanti il mio faldone e un foglio di carta protocollo su cui prende incessantemente appunti solleva un attimo la testa e mi guarda sorridente.
"La voglio incazzato", mi dice con sguardo luminoso e duro, ma sembra veramente divertito dalla mia faccia che è trascolorata dallo smarrimento iniziale alla rabbia.
E sai cosa c'è, amico mio? Sono davvero arrabbiato. Anzi, se mi passi il termine, sono incazzato nero.
Sono su un treno in corsa, e mi ci ha buttato un miserabile fallito perdente e ignorante che non sa nulla di come si fa il mio lavoro. Uno che, nel mio mondo, non avrebbe nessun tipo di spazio, ma lì sì, lì trova qualcuno che lo considera degno di ascolto nella misura in cui aderisce a uno schema precostituito.
Io so che, alla fine, proprio le stronzate che ha scritto quell'idiota - e che io smonterò pezzo per pezzo, con la tigna che so mettere in ogni cosa che faccio - saranno la vanga con la quale si scaverà la fossa.
Perché alla fine saranno le regole del mio mondo a prevalere.
Mi vuoi incazzato, giovane uomo con il mio faldone fra le mani?
Credimi: sono già incazzato
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