Mi secca notevolmente sprecare ancora con Cesare Battisti lo spazio che Blogspot offre per le mie elucubrazioni (oggi giunte al centocinquantesimo cimento), ma purtroppo mi tocca.
Ancora una volta la colpa - se così posso dire - è del
Corriere della Sera che sembra stia facendo tutto il possibile per indurre me e altri liberals a tornare su testate più destrorse. Io non vorrei farlo, capite, ma se continuo a trovarmi fra le mani articoli come
questo a firma di Ernesto Galli della Loggia, temo che sarà inevitabile.
Ci tengo a fare una premessa: dissento spesso dal pensiero di EGdL, ma ne rispetto il pensiero e l'acutezza dell'esposizione. E' una penna di sinistra, ma lo è in modo intelligente e non trinariciuto come molti suoi colleghi, anche della stessa testata (e mi riferisco per esempio a quel Paolo Franchi di cui mi sono occupato nell'articolo precedente a questo).
Ma oggi EGdL ha svaccato.
Partendo da una premessa giusta e doverosa (che potremmo sintetizzare con "Perché all'estero nessuno ci caga?"), il politologo ha creduto di identificare i motivi del nostro declassamento presso la comunità internazionale in una serie di ragioni che sono le stesse che potremmo sentire da Santoro o Travaglio.
In buona sostanza, secondo il politologo, se noi italiani veniamo considerati meno di zero dai brasiliani e dai francesi che si fanno gli emeriti cazzi loro con i criminali nostrani, la colpa è, nell'ordine:
- di Berlusconi
- di mafia e camorra
- del Cattolicesimo
Il problema, se posso dire, è che questa storia di Battisti invece è proprio una questione esclusivamente di sinistra, che nasce dall'arroganza di una gauche radical chic internazionale che si attribuisce la possibilità di rovesciare i verdetti delle giurie di un'altra nazione in nome e per conto di un idealismo barricadero di cui il criminale, miserabile e patetica figura di cialtrone assassino travestito da rivoluzionario, diventa un simbolo in mancanza di meglio.
Perché il problema vero è questo: è dai tempi di Che Guevara che questa gente non ha più un ideale in cui riconoscersi: e, in mancanza, va bene anche il terrorista che spara alla schiena, basta che lo faccia da sinistra.
Quindi, quello che maggiormente mi disturba non è il provincialismo all'incontrario di cui EGdL accusa tutti gli italiani che non la pensano come lui (fingendo di dimenticare, peraltro, che i punti più bassi della considerazione già scarsissima che l'Italia gode all'estero, li abbiamo toccati durante i due pessimi governi Prodi); no, quello che mi offende profondamente è che un Lula qualunque decida di tenersi sotto le ascelle un escremento come Battisti affermando di tenere per la sua incolumità.
Questo non lo accetto da un Lula: sarebbe come farsi dare lezioni di castità da Ilona Staller.
E qui giova ricordare Ramon Mercader.
Chi era costui?
Fratello dell'attrice Maria Mercader - e quindi, zio del neosessantenne Christian De Sica - Ramon Mercader fu l'agente del NKVD (Commissariato del Popolo per gli Affari Interni: siamo ovviamente in Unione Sovietica ai tempi di Stalin) che il 20 agosto del 1943 andò a piantare una picozza nella testa di Lèv Trockij. Mercader si prese la briga - e di certo il gusto, come cantava Fabrizio De André - di andare a cercare il rivoluzionario considerato dissidente sin nella sua dimora a Coyoacan, in Messico.
Cosa lo aveva spinto?
Semplice: fu la celebre affermazione di Stalin, che così risolse la questione-Trockij: "Un uomo, un problema; nessun uomo, nessun problema".
Per Mercader inseguire in capo al mondo un rivoluzionario dissidente fu un atto di fede; ma credo, senza timore di smentite, che per far fuori non un uomo, bensì una testa di cazzo come Battisti, se questo fosse così desiderabile, basterebbero una ventina di euro elargiti a un qualunque favelado locale. In altre parole, Battisti sarebbe teoricamente molto più in pericolo in Brasile dove una vita vale davvero poco, che non nell'ipergarantista Italia ove potrebbe contare almeno su uno sciopero della fame di Pannella per farlo uscire dal gabbio.
No, Lula: a noi Italiani interessa che Battisti marcisca in galera sino alla fine dei suoi giorni; e va bene anche nel democratico Brasile ove, se non altro, non ci sarà la processione di radicali e di parlamentari di sinistra a chiedere la grazia ogni due-tre giorni per questo ripugnante, vigliacco e disgustoso assassino.
PS Ringrazio il mio vecchio amico, il Barba, per avermi ricordato il modo con cui Stalin risolse l'affaire Trockij