venerdì 15 aprile 2011

Gianfranco V.

Gianfranco V. è mancato: me l'ha detto oggi l'amico che me lo portò per un tentativo veramente un po' al limite del possibile, per una malattia che - oggi lo realizzo con più chiarezza - era già scappata al controllo. Mi convinsi della fattibilità di un tentativo chirurgico e mi ci buttai con entusiasmo, un mese fa, e avevo di fronte Antonella e Simona che mi aiutarono con tutto la forza e la splendida umanità di cui sono capaci, ed era un venerdì pomeriggio di fine febbraio. Ci trovammo davanti a più malattia del previsto, ne togliemmo un buon 90% programmando di asportare il resto dopo una bella tornata di chemioterapia. 
Ci sembrò complessivamente una buona strategia; anzi, avemmo pure da ridire sulla gestione di chi ci aveva preceduti, che aveva gettato la spugna con largo anticipo comunicando al paziente che non c'era più nulla fare, e infatti Gianfranco si era buttato su terapie alternative, giusto per avere l'idea di continuare a fare qualcosa, nonostante tutto.
Avevamo fatto i conti senza l'oste. 
Quasi a ricordarci che le nostre sono spesso vittorie di Pirro, Madre Natura ha imposto le sue leggi generando la più spaventosa progressione di malattia che io abbia mai visto. 
In meno di un mese.


Ci sono momenti in cui ci troviamo a riflettere sulla nostra professione, su quella che gli altri definiscono una missione e che, nonostante il mio disprezzo per questo termine applicato alla Medicina, in fin dei conti forse lo è davvero. E' in occasione di circostanze come queste, che mi rendo conto di alcuni aspetti della nostra professione che sono talmente totalizzanti da annullare qualunque altra considerazione. Sì, è vero: ci affezioniamo ai pazienti, vogliamo loro bene, ci preoccupiamo per la loro salute e ci affliggiamo quando le cose non vanno come avremmo desiderato.

Ma non è solo questo. Naturalmente c'è anche la considerazione della inanità dei nostri sforzi quando la malattia come nel caso di Gianfranco galoppa in modo tale da farci riflettere su quanto i nostri sforzi possono essere inutili quando Madre Natura decide di dettare le sue regole. 

Ah, che illusi che siamo, alle volte!...
Il fatto di curare patologie così impegnative come le carcinosi peritonali, neoplasie considerate incurabili sino a poco fa, genera in chi le tratta l'idea di essere entrato in una sorta di salotto buono per pochi privilegiati e iniziati che parlano un linguaggio quasi misterioso. Come essere umano fatto e finito, con tutti i miei pregi e miei difetti, non meglio né peggio di tanti altri come me, non nego di aver sporadicamente pensato di essere arrivato  in posti alle soglie dei quali i miei Maestri si erano fermati.

Eppure non ho mai disconosciuto il potere vero della Natura, che è la sua capacità di porsi come termine ultimo di tutti i nostri sforzi, la sua violenza che immagino non inconsapevole quando decide di farsi beffe della nostra hybris.


Oggi il dottor P.,  quello che l'ha portato  nella nostra sala operatoria, quello che l'ha tenuto per mano in tutto il suo decorso, quello che ha diviso con noi la speranza di poter fare qualche cosa, mi ha ringraziato per la scintilla di speranza che abbiamo provato a offire a Gianfranco. Il quale Gianfranco, qualche istante prima di morire, gli ha anche detto di salutarmi.
Non so se basta a farmi sentire meglio, al termine di una delle settimane più faticose di tutta la mia vita, ma ci proverò: Gianfranco era un uomo sorridente e ottimista, merita che io lo ricordi con allegria

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